Cancro alla prostata: nuovo farmaco allunga le aspettative di vita

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Approvato un medicinale in compresse che allunga la vita
dei pazienti in fase avanzata, con minimi effetti collaterali

MILANO – È ora disponibile anche in Italia un’opzione terapeutica innovativa per i pazienti con carcinoma prostatico in fase metastatica, capace di prolungare la sopravvivenza dei malati e di migliorarne la qualità di vita. Capostipite di una nuova classe di farmaci, abiraterone acetato rappresenta una importante innovazione nella gestione del tumore in fase avanzata: è infatti il primo farmaco non chemioterapico con azione mirata, in grado di agire direttamente sul processo di autoalimentazione del tumore.prostate-cancer
I VANTAGGI PER I PAZIENTI – In realtà il farmaco era stato approvato già nel settembre 2011 dalle autorità europee (Ema), proprio in seguito agli ottimi risultati emersi da una sperimentazione condotta su 1195 pazienti con carcinoma prostatico avanzato, che avevano fallito la terapia tradizionale ormonale e con progressione della malattia dopo l’impiego di chemioterapia con docetaxel. I dati, pubblicati nel maggio 2011 sulla rivista New England Journal of Medicine e su Lancet Oncology nel settembre 2012, avevano dimostrato che abiraterone porta a un aumento di sopravvivenza di quasi cinque mesi e che la tollerabilità della cura è molto buona, con effetti collaterali solo di grado lieve. Inoltre il medicinale si assume in compresse e ha effetti palliativi sul dolore, il che migliora la qualità di vita dei malati. «La sua tollerabilità è una priorità fondamentale perché molti dei pazienti che arrivano a questo stadio di malattia sono fragili per età avanzata o per presenza di patologie concomitanti, a livello cardiaco, renale o epatico -commenta Sergio Bracarda, direttore dell’Unità di Oncologia Medica all’Ospedale San Donato di Arezzo -. Ora che è finalmente arrivata anche l’approvazione da parte dell’Agenzia italiana del farmaco speriamo che la molecola possa essere rapidamente disponibile in tutti gli ospedali, senza che si verifichino ulteriori rallentamenti burocratici a livello regionale».

UNA CHANCE PER I MALATI GRAVI – Sono circa 36mila i nuovi casi di carcinoma prostatico diagnosticati ogni anno in Italia. In molti casi i tumori della prostata restano circoscritti o vengono scoperti quando sono sufficientemente piccoli da poter essere rimossi chirurgicamente o tenuti sotto controllo. In altri, però, la malattia è aggressiva e resiste ai trattamenti attualmente disponibili. Quando non si può puntare alla guarigione, la strategia di cura prevede di utilizzare diversi farmaci in combinazione o in sequenza fra loro, con l’obiettivo di cronicizzare la malattia il più a lungo possibile e in quest’ottica la nuova molecola rappresenta una chance in più. «Esistono già terapie mirate al blocco androgenico ma abbiamo capito che il tumore mette in atto complessi meccanismi per “adattarsi” alle cure e continuare a crescere, trovando il modo di resistere ai vari trattamenti che lo attaccano – spiega Giario Conti, primario di Urologia all’Ospedale Sant’Anna di Como e presidente della Società Italiana di Urologia Oncologica (SIUrO) -. La terapia ormonale classica è inizialmente molto efficace, perché riduce i livelli di testosterone circolante (l’ormone che serve alla neoplasia prostatica per crescere). In seguito però le cellule tumorali ricominciano a crescere e si passa alla chemioterapia. Quando il tumore diventa resistente anche alla chemio entra in gioco abiraterone che, bloccando l’azione dell’enzima CYP17, inibisce la produzione di testosterone ed effettua un ulteriore blocco, potente ed efficace».

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