Fumatori incalliti: tracciato il loro profilo genetico, e perché non riescono a smettere
La predisposizione a diventare un fumatore incallito è scritta nei geni. A svelarlo è un gruppo internazionale di ricercatori che in uno studio pubblicato su JAMA Psychiatry ha identificato il profilo genetico tipico dei forti fumatori, dimostrando il legame tra le caratteristiche dei geni di un individuo, il rischio di diventare dipendenti dalle sigarette nell’adolescenza e la maggiore difficoltà a perdere il vizio.
Per identificare questo profilo genetico i ricercatori hanno analizzato l’intero genoma di decine di migliaia di fumatori, all’interno del quale hanno scovato i geni più frequenti in chi fuma di più.
Non a caso, le varianti genetiche così identificate sono localizzate all’interno o nelle vicinanze di geni che controllano la risposta del cervello alla nicotina e il metabolismo della nicotina stessa. Le analisi condotte in seguito hanno però svelato che quella valutabile attraverso il profilo genetico non è la predisposizione ad iniziare a fumare. Piuttosto, spiega Daniel Belsky, primo autore? Dello studio, “il rischio genetico accelera lo sviluppo del vizio del fumo. Gli adolescenti ad alto rischio genetico passano velocemente dal provare le sigarette a diventare fumatori regolari e pesanti”.
Infatti fra i ragazzi che provano una sigaretta quelli con un rischio genetico maggiore sono il 24% più predisposti a fumare tutti i giorni già a partire dai 15 anni e il 43% più predisposti ad arrivare ai 18 fumando già un pacchetto di sigarette al giorno. Da adulti, invece, la probabilità di sviluppare una dipendenza dalla nicotina e di non riuscire a smettere sono, rispettivamente, del 27% e del 22% superiori in chi ha un rischio genetico elevato, che fa anche sì che entro i 38 anni vengano fumate circa 7.300 sigarette in più rispetto alla media. Se, però, non si diventa fumatori incalliti durante l’adolescenza i rischi corsi da adulti svaniscono. In altre parole, spiega Belsky, “gli effetti del rischio genetico sembrano limitati alle persone che iniziano a fumare da adolescenti”.
“Ciò – aggiunge il ricercatore – suggerisce che ci sia qualcosa di particolare nell’esposizione alla nicotina di un cervello adolescente”. “In effetti – commenta Denise Kandel, docente di scienze sociosanitarie in psichiatria alla Columbia University (New York) – l’adolescenza è un periodo ad elevato rischio di dipendenza dalla nicotina. Questi risultati dimostrano perché l’adolescenza è di cruciale importanza per lo sviluppo e l’indirizzamento di programmi di prevenzione e di intervento”. “Le politiche di salute pubblica che rendono più difficile per gli adolescenti diventare fumatori regolari – conclude Belsky – dovrebbero continuare ad essere una priorità nei programmi anti-fumo”.