Tumori: il Veneto prima regione per ricerca su marcatori biologici
Per scoprire un tumore in anticipo anche rispetto ai piu’ sofisticati macchinari radiologici e per determinarne con assoluta precisione le caratteristiche, cosi’ da rendere le cure piu’ incisive e meno impattanti sul paziente, la scienza medica ha oggi a disposizione una nuova ”arma” nei marcatori biologici di tumore, sostanze prodotte dai tessuti tumorali, che si misurano nel sangue o in altri liquidi biologici, come le urine. Sono prodotti anche da tessuti normali, ma quando si sviluppa un cancro essi si modificano in quantita’ e in struttura cosi’ che, cercando tali sostanze, si ottengono informazioni preziose per la diagnosi e il trattamento del tumore. All’avanguardia in questo tipo di ricerca c’e’ il Centro Regionale Veneto Biomarcatori dell’Uss 12 Veneziana diretto dal dottor Massimo Gion che, alla presenza dell’assessore alla sanita’ Luca Coletto e del direttore generale dell’Ulss 12 Giuseppe Dal Ben, ha presieduto un tavolo tecnico nazionale al quale partecipano le Regioni Campania, Calabria, Emilia Romagna, Liguria, Lombardia, Piemonte, Marche, Puglia, Toscana, Trentino Alto Adige e Umbria, rappresentative di 43 milioni di abitanti, pari al 70,9% della popolazione nazionale.
”Questo – ha detto Coletto – e’ un tavolo costruito a livello nazionale in sede di coordinamento delle Regioni, che ci rende orgogliosi di poter mettere a disposizione di tutti una nostra eccellenza in uno dei settori della medicina che piu’ preoccupa le persone e piu’ impegna i ricercatori. Il cammino non e’ breve, ma questa ricerca promette molto bene, sia per l’individuazione precoce del male, sia per la sua cura, e soprattutto guarda con occhio attento alla qualita’ della vita del malato che, attraverso l’utilizzo dei biomarcatori, puo’ essere curato piu’ incisivamente tarando le terapie sulle caratteristiche della neoplasia che l’ha colpito e meno invasivamente, perche’ cosi’ e’ possibile misurare dosaggio, tempi e tipologia delle cure, riducendo al minimo gli effetti collaterali sgraditi che purtroppo ci sono”. Il Tavolo, insediato nel settembre scorso, ha affrontato in questa seduta il delicato aspetto dell’appropriatezza intesa come corretto utilizzo quali-quantitativo di questo strumento di ricerca, che incide non solo sui costi, ma anche sulla salute dei pazienti.
L’inappropriatezza per difetto, infatti, causa un livello di assistenza inferiore a quanto possibile; quella per eccesso induce costi inutili (valutati attualmente in non meno di 60 milioni di euro l’anno a livello nazionale) e determina per i pazienti effetti negativi, come spreco di tempo e ansia, nonche’ potenziali rischi per interventi diagnostici invasivi non necessari. Il Tavolo ha dato avvio a 4 azioni molto significative: la definizione di un intervento normativo per il contenimento delle prescrizioni; una ricognizione dei PDTA esistenti; un lavoro sui sistemi informatici delle strutture sanitarie per ridurre la ripetizione dei non necessari; la messa a punto di una metodologia di ricognizione dell’appropriatezza da utilizzare in alcune Regioni, a cominciare dal Veneto. I biomarcatori e il loro appropriato utilizzo sono fondamentali sia per la cura, perche’ permettono di personalizzare la terapia, sia nella prevenzione, in quanto consentono di selezionare per successivi approfondimenti diagnostici le persone con un maggior rischio di sviluppare un tumore. Esempi noti a tutti sono il sangue occulto nelle feci per il cancro del colon e lo studio del papilloma virus per il cancro del collo dell’utero.
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