Cellule della pelle in neuroni: una tecnica sicura

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La trasformazione dei fibroblasti della pelle in neuroni è possibile anche senza ricorrere a una riprogrammazione completa delle cellule, che prevede una loro regressione fino allo stadio di staminali pluripotenti. Questa tecnica permette di evitare i rischi legati all’uso delle staminali e può essere realizzata sfruttando come vettore dei geni di riprogrammazione un virus innocuo che non integra i propri geni nel genoma della cellula ospite.neuroni

Trasformare cellule della pelle in una grande varietà di cellule del sistema nervoso senza farle passare per lo stadio di cellule staminali pluripotenti indotte, o iPSC. E’ il risultato ottenuto da un gruppo di ricercatori dell’Università del Wisconsin a Madison, che firma un articolo pubblicato su “Cell Reports”, in cui descrive la tecnica adottata.

Il risultato è importante perché il passaggio per la fase iPSC rappresenta un potenziale rischio per l’uso di cellule neuronali ottenute in questo modo in terapie cellulari mirate a riparare i danni dovuti a malattie o lesioni nel sistema nervoso. Una cellula iPSC trapiantata insieme ai precursori dei neuroni ottenuti con questa tecnica potrebbe infatti generare una linea cellulare tumorale.

Nella metodica messa a punto da Su-Chun Zhang senior e colleghi, invece, non c’è una riprogrammazione delle cellula adulta fino a cellula staminale pluripotente, ma solo fino a uno stadio di differenziazione successivo, quello di precursore immediato delle cellule nervose. Queste cellule hanno già percorso un lungo tratto del processo di specializzazione e dopo l’impianto non possono trasformarsi in cellule epatiche, muscolari o di altro tipo.
Rispetto ad altre ricerca con lo stesso obiettibo, la tecnica di Zhang e colleghi ha inoltre un ulteriore vantaggio: usare un virus come vettore dei geni necessari a riprogrammare le cellule adulte, il Sendai virus, che, a differenza di altri virus impiegati per questo processo, quando infetta naturalmente delle cellule, non integra i propri geni nel genoma dell’ospite. Inoltre il Sendai virus è sostanzialmente innocuo anche allo stato naturale, potendo provocare al più un raffreddore.

Il nuovo metodo, testato su cellule cutanee di scimmie ed esseri umani, prevede l’esposizione dei campioni

prelevati al virus per 24 ore, seguita da un periodo di altre 24 ore di riscaldamento della coltura a 39 °C, una temperatura che – come la febbre – non danneggia le cellule ma è in grado di uccidere il virus. Dalla coltura cellulare così trattata quindi nel giro di due settimane si ottiene un piccolo numero di progenitori neuronali indotti.

I precursori prodotti in questo modo sono stati poi trapiantati nel cervello di alcuni topi neonati. Il trapianto ha permesso di verificare che questi precursori si sono sviluppati in cellule nervose normali, senza generare tumori o anomalie.

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