Cellule staminali: un protocollo per migliorarne la produzione
L’introduzione in sequenza dei fattori di trascrizione usati per riprogrammare cellule mature in staminali pluripotenti indotte fornisce migliori risultati rispetto all’introduzione simultanea usata finora. Il risultato potrebbe aprire nuovi scenari nelle ricerche che cercano di ovviare ai problemi d’instabilità genomica e di immunogenicità emersi dagli studi clinici in cui sono testate le staminali pluripotenti indotte.
La produzione di cellule staminali pluripotenti a partire da fibroblasti può essere ottimizzata introducendo i fattori di trascrizione responsabili della “riprogrammazione” del genoma mediante un protocollo sequenziale: lo afferma uno studio pubblicato sulla rivista “Nature Cell Biology” firmato da Xiaopeng Liu degli Istituti di Biomedicina e Salute dell’Accademia delle Scienze cinese a Guangzhou, e colleghi di altri istituti di ricerca cinesi.
Nel campo della ricerca sulle cellule staminali, una svolta fondamentale si è avuta con il metodo sviluppato dal ricercatore giapponese Shinya Yamanaka nel 2006 che consente di “riprogrammare” fibroblasti, ovvero cellule mature già specializzate, di topo in cellule staminali pluripotenti (iPSC). Si tratta sostanzialmente di introdurre quattro geni, denominati Oct4, Sox2, c-Myc, klf4, nel genoma dei fibroblasti usando dei vettori retrovirali. I quattro geni codificano per fattori di trascrizione, denominati fattori di Yamanaka, che riprogrammano il genoma riportando la cellula a uno stato primordiale lungo il cammino di differenziazione, quello di cellule pluripotenti, in grado di generare tutti i tipi cellulari dell’embrione, ma non ai tessuti extraembrionali.
Nel 2007, lo stesso gruppo di Yamanaka ha dimostrato che lo stesso metodo può essere utilizzato per generare iPSC anche da fibroblasti umani. Questa fondamentale scoperta ha alimentato un gran numero di ricerche sulle staminali, con l’obiettivo e la speranza di ottenere nuove terapie per molte patologie. Le iPSC sono preferibili alle cellule staminali embrionali (ESC), anche per motivi etici.
Questo sforzo di ricerca ha dato notevoli risultati, con un miglioramento nell’uso di diverse combinazioni dei fattori di trascrizione, nei vettori di trasferimento genico utilizzati e infine nelle fonti di cellule utilizzate. Le applicazioni cliniche hanno tuttavia evidenziato alcuni problemi, che riguardano sostanzialmente due ambiti: l’instabilità genomica, con l’insorgenza di mutazioni a carico del DNA, e l’immunogenicità, cioè l’innesco di una risposta immunitaria da parte dell’organismo ospite, in cui le cellule staminali vengono inoculate.
Le numerose ricerche condotte in questi due campi hanno tuttavia fornito risultati tra loro contrastanti, probabilmente per i diversi metodi di riprogrammazione usati. Per superare queste difficoltà occorre quindi una maggiore conoscenza dei meccanismi di riprogrammazione.
In quest’ultimo studio, Xiaopeng Liu e colleghi hanno dimostrato che introducendo i fattori di trascrizione in sequenza nei fibroblasti si possono ottenere risultati migliori che nel caso dell’introduzione simultanea finora adottata nelle ricerche. Ciò dimostra che il processo di riprogrammazione è sensibile al timing di attivazione dei fattori di trascrizione. Sulla base di questo risultato, dovranno essere condotti ulteriori studi sia in vitro sia in vivo per valutare gli effetti dei diversi protocolli di riprogrammazione.