Crollano i ricoveri per le complicanze acute del diabete: – 51% in dieci anni
Invariato invece il tasso di mortalità tra i ricoverati per complicanze acute del diabete, con addirittura un trend in aumento per la mortalità correlata alle ipoglicemie
L’analisi in un lavoro tutto a firme ‘rosa’ pubblicato sull’ultimo numero di Plos One, a firma di ricercatrici della Società Italiana di Diabetologia (SID) e dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS)
Roma, 31 maggio 2013. Nel nostro Paese, i ricoveri per le complicanze acute del diabete (crisi ipoglicemiche e iperglicemie complicate da cheto acidosi e iperosmolarità) nel decennio 2001-2010, hanno fatto registrare un calo del 51%. E’ quanto dimostra una ricognizione fatta a quattro mani da ricercatrici dell’Istituto Superiore di Sanità (Flavia Lombardo e Marina Maggini) e del Dipartimento di Scienze Mediche dell’Università di Torino (Gabriella Gruden, membro del Comitato Scientifico SID e Graziella Bruno, past-president SID, sezione regionale Piemonte e Valle d’Aosta e coordinatore degli Standard di Cura italiani del diabete), in un lavoro tutto a firme ‘rosa’, pubblicato sull’ultimo numero di PLos One. Si tratta del primo studio ad aver esaminato i trend nazionali di ricoveri per complicanze acute del diabete in un periodo temporale così ampio.
In questo lasso di tempo sono stati oltre 7,6 milioni i ricoveri correlati al diabete in Italia; tra questi, il 3,5% (266.374 ricoveri) è stato generato dalle complicanze acute della malattia, ovvero da episodi di coma ipoglicemico (5,6% dei ricoveri per complicanze) o da complicanze iperglicemiche (chetoacidosi e iperosmolarità), che rappresentano ben il 94,4% dei ricoveri per complicanze acute.
“I ricoveri ospedalieri per chetoacidosi e iperosmolarità – spiega la professoressa Graziella Bruno – sono in larga parte evitabili attraverso l’istruzione del paziente all’automonitoraggio glicemico e alla rapida correzione dell’iperglicemia, spesso presente in corso di altre malattie acute intercorrenti. Il rapido contatto con il diabetologo in molti casi consente di evitare che il perdurare dello scompenso iperglicemico progredisca fino a richiedere il ricorso alle cure ospedaliere. In questo senso, il risultato del nostro studio è molto confortante per i diabetici, perché suggerisce un miglioramento nel tempo dell’assistenza territoriale erogata ai diabetici”.
“L’ipoglicemia continua a rappresentare un’importante emergenza tra i pazienti con diabete – afferma il Prof. Stefano Del Prato, presidente della Società Italiana di Diabetologia – ed è largamente dovuta alle stesse terapie anti-diabetiche; è causa di preoccupazione per la persona con diabete e può rappresentare il fattore precipitante per condizioni anche più serie, come un evento acuto cardiovascolare”.
Nonostante l’importanze riduzione dei ricoveri per complicanze acute del diabete nel decennio 2001-2010 (sono passati dal 14,4 al 7,1 per mille persone con diabete), la probabilità di essere ricoverati per complicanze del diabete, su entrambi i versanti dell’ipoglicemia e dell’iperglicemia, resta ancora alta tra le fasce d’età più giovani; in particolare, tra i ragazzi con meno di 19 anni la frequenza di ricoveri per complicanze acute del diabete risulta 10 volte superiore, rispetto agli ultra 65enni; mentre nella fascia tra i 20 e i 44 anni i ricoveri per complicanze acute sono il doppio che tra i pazienti di oltre 65 anni. “Anche in paesi Nord-europei, come la Finlandia e la Scozia – commenta la professoressa Bruno – si è recentemente osservato come l’età giovanile, e in particolare il periodo adolescenziale, rappresenti una fase molto vulnerabile nella vita del diabetico. Numericamente, tuttavia, prevalgono i ricoveri tra le persone adulte”. L’età media dei pazienti ricoverati per le complicanze acute iperglicemiche è risultata infatti di 57 anni; più avanzata invece l’età di quelli ricoverati per ipoglicemia (circa 67 anni).
Molto ampio è il divario registrato tra le diverse regioni, con differenze fino al 300% nel tasso di ricoveri (tra quella con il maggior numero e quella col minor numero di ricoveri) nel 2010. In particolare, i tassi di ricovero per 1.000 persone con diabete nel 2010 sono stati del 6,2% nelle regioni del Nord, del 7,5% al Centro e del 7,8% al Sud.
Meno brillante è infine il dato della mortalità ospedaliera tra i pazienti ricoverati per complicanze acute del diabete, che è rimasta praticamente invariata nel decennio in esame, attestandosi sul 7,6% (16.402 casi). Addirittura in aumento è invece la mortalità per coma ipoglicemico, passata dall’1,9% del 2009 al 3,1% nel 2010. “Questi risultati non fanno altro che enfatizzare la necessità di ridurre al minimo il rischio di ipoglicemia – sottolinea il professor Del Prato – soprattutto nei soggetti più fragili, quali gli anziani, quelli con pregressi eventi cardiovascolari o con insufficienza renale. Questo risultato può essere ottenuto con un’adeguata personalizzazione della terapia sfruttando, quando necessario, i vantaggi che farmaci più intelligenti di recente introduzione possono offrire”.
Secondo le autrici dello studio, il trend decennale di riduzione dei ricoveri per le complicanze acute del diabete sta a testimoniare la migliorata efficienza dell’assistenza ambulatoriale dedicata a questi pazienti in Italia. Questo dato emerge in tutta la sua importanza, soprattutto se confrontato con la riduzione dei ricoveri per tutte le cause registrata nello stesso periodo, che è ferma al 28,9%. Restano tuttavia motivo di preoccupazione sia il tasso di ricoveri, che la mortalità ospedaliera tra i pazienti più giovani con diabete. “I risultati di questo studio – commenta il professor Del Prato – sono confortanti ma non ancora sufficientemente rassicuranti. Va però segnalato il trend di miglioramento che trova la sua spiegazione nel miglioramento delle cure derivanti da una più intensa collaborazione tra servizi di diabetologia e medicina del territorio, a una maggiore consapevolezza e educazione della persona con diabete, ad un più attento autocontrollo della malattia e all’introduzione di farmaci più tollerati e sicuri”.
“La rete diabetologica italiana – conclude la professoressa Bruno – è una delle più avanzate a livello mondiale, sia per distribuzione sul territorio, sia per livello di competenza raggiunto dalla scuola diabetologica italiana, riconosciuta a livello internazionale. Fondamentale è anche la stretta relazione con i medici di medici generale, con i quali è in atto in diverse regioni italiane il programma di Gestione Integrata, secondo quanto definito dal progetto IGEA, coordinato dalla dottoressa Maggini dell’Istituto Superiore di Sanità”.