La genetica della resistenza agli antibiotici
Ad accelerare lo sviluppo della resistenza dei batteri agli antibiotici sarebbero proprio le terapie antibiotiche più aggressive: una contraddizione solo apparente, venuta alla luce grazie a un esperimento su Escherichia coli. Secondo lo studio, i batteri sopravvissuti a un uso massiccio di medicinali si trovano avvantaggiati dalla mancanza di competizione con gli altri batteri, sensibili agli antibiotici. I risultati ottenuti sono stati confermati da modelli matematici e dal sequenziamento del genoma di ceppi batterici resistenti e non resistenti .
Più è potente un trattamento antibiotico, più velocemente i batteri sviluppano una resistenza a questi farmaci. Lo ha dimostrato uno studio pubblicato su “PLoS Biology” da un gruppo di microbiologi dell’Università di Exeter, nel Regno Unito, in collaborazione con i colleghi dell’Università di Kiel, in Germania.
I ricercatori hanno studiato il comportamento di Escherichia coli, un batterio molto diffuso nell’intestino degli animali, in risposta all’esposizione a diverse combinazioni di antibiotici. Sia le analisi in vitro sia le simulazioni al computer hanno mostrato che il meccanismo di resistenza a un farmaco antibiotico è accelerato dalle terapie più aggressive. Queste terapie infatti eliminano i batteri non resistenti, determinando così una mancanza di competizione che permette a quelli resistenti di moltiplicarsi velocemente.
Il risultato fornisce una spiegazione microbiologica per la resistenza agli antibiotici, fenomeno per il quale specifiche sottopopolazioni di batteri sopravvivono dopo essere stati esposte a molecole che invece dovrebbero eliminarle. La resistenza agli antibiotici ha subito uno sviluppo preoccupante negli ultimi decenni, facilitato dall’uso indiscriminato di questi farmaci. Alcuni studi hanno infatti evidenziato come gli antibiotici vengano spesso usati in modo non corretto sia nell’automedicazione sia in strutture sanitarie. Inoltre, per molti anni sono stati usati sia in agricoltura, per la difesa delle coltivazioni dalle infezioni, sia in campo zootecnico, per la profilassi antibatterica e, in basse dosi, come additivi promotori della crescita.
Nello studio pubblicato su “PLoS Biology”, Robert Beardmore dell’Università di Exeter e colleghi hanno osservato un meccanismo genetico di difesa molto potente messo in atto da E. coli, che produce rapidamente copie dei geni che conferiscono la resistenza, riducendo in modo repentino l’efficacia dei farmaci. Il risultato è stato confermato con modelli matematici e sequenziamenti sull’intero genoma di ceppi resistenti e non resistenti del batterio.
“Siamo rimasti sorpresi dalla velocità con cui i batteri sviluppavano la resistenza: addirittura abbiamo fermato gli esperimenti perché non pensavamo che i trattamenti avrebbero perso la loro efficacia così rapidamente, nell’arco di un giorno”, sottolinea Beardmore. “Ora però sappiamo che i batteri sopravvissuti dopo il trattamento iniziale hanno duplicato specifiche aree del loro genoma contenenti molti geni che conferiscono la resistenza agli antibiotici. L’espressione di questi geni sembra più veloce quando gli antibiotici vengono combinati, con il risultato di una rapida evoluzione di batteri molto resistenti”.
Da anni la ricerca farmacologica sta cercando di far fronte ai ceppi batterici resistenti, ma la progettazione di nuove molecole sta segnando il passo. “Progettare nuovi trattamenti per prevenire la resistenza antibiotica non è facile, come mostra questa ricerca”, conclude Beardmore. “In ogni caso, occorre incrementare i finanziamenti per tenere il passo con la rapida evoluzione dei batteri patogeni”.