Cellule staminali: metodo per purificarle e renderle sicure

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Le popolazioni di cellule derivate da cellule staminali possono essere purificate evitando la contaminazione di cellule ancora indifferenziate potenzialmente responsabili dell’insorgenza di tumori. E’ quanto afferma un nuovo studio che ha individuato una caratteristica unica delle cellule indifferenziate: una proteina di superficie, denominata claudina-6, che ne permette il riconoscimento e la distruzione.

Una “procedura di pulizia” in grado di aumentare la sicurezza delle terapie a base di cellule staminali è stata scoperta da un gruppo di ricerca del Silberman Institute of Life Sciences della Hebrew University a Gerusalemme, in Israele.
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Come si legge nell’articolo di resoconto apparso sulla rivista “Nature Communications” a firma di Uri Ben-David, Neta Nudel e Nissim Benvenisty la nuova metodica sfrutta una proteina della superficie cellulare espressa esclusivamente dalle cellule staminali per eliminare le cellule indifferenziate dalle popolazione di cellule miste.

Le cellule staminali sono in grado di differenziarsi in tutti i tipi di cellule dell’organismo e sono studiate per questo motivo con l’obiettivo di mettere a punto terapie “rigenerative” per molte patologie. Tuttavia, finora le sperimentazioni in questo campo hanno incontrato serie difficoltà. Una delle più evidenti è dovuta al fatto che le popolazioni di cellule create per conversione di cellule staminali spesso contengono anche piccole quantità di cellule indifferenziate, che possono dare il via allo sviluppo di tumori, in particolare di teratomi (tumori che si sviluppano dal tessuto embrionale e che possono essere maligni, benigni o borderline). Per questo motivo è assolutamente cruciale eliminare ogni residuo di staminali pluripotenti dalle popolazioni di cellule utilizzate a scopo terapeutico.

Nissim Benvenisty e colleghi hanno mostrato che la proteina denominata claudina-6 si trova esclusivamente sulla superficie delle cellule staminali pluripotenti umane. Grazie a questa scoperta, gli autori sono riusciti a sviluppare tre differenti strategie per riconoscere e distruggere le cellule che esprimono la claudina-6: il primo metodo si basa su un anticorpo che agisce in modo selettivo contro la proteina, il secondo su un anticorpo coniugato a una citotossina (una sostanza tossica per la cellula) e il terzo su una enterotossina, cioè una proteina tossica prodotta dal batterio Clostridium perfringens.

L’applicazione di queste procedure rimuove in modo efficiente le cellule che esprimono claudina-6 dalle popolazioni miste di cellule derivate dalle staminali e prevengono la formazione di tumori quando queste cellule trattate vengono successivamente iniettate nei topi.

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