Cervello: sistema di smaltimento “rifiuti” per combattere Alzheimer

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Alzheimer


La ricerca dell’Urmc Center for Translational Neuromedicine. “Scoprire come modulare il sistema di pulizia dei rifiuti tossici potrebbe portare a nuove vie per trattare queste malattie”
Studio, camion spazzatura nel cervello.  Una chiave per combattere l’AlzheimerROMA – Nel ‘camion dei rifiuti’ che libera il cervello dalle sostanze di scarto potrebbe celarsi la chiave per trattare l’Alzheimer e le altre malattie neurologiche. La scoperta del sistema di pulizia attraverso il quale il cervello si libera dei rifiuti è descritta su Science Traslational Medicine dai ricercatori dell’Urmc Center for Translational Neuromedicine, coordinati da Maiken Nedergasrd. Secondo l’équipe di studiosi  questo meccanismo, quando non funziona bene, potrebbe favorire il manifestarsi di alcune malattie neuro degenerative.Alzheimer
“Tutte queste patologie sono associate all’accumulo di sottoprodotti di rifiuti cellulari”, spiega Nedergaard. “Comprenderlo e scoprire come modulare il sistema di pulizia dei rifiuti tossici del cervello potrebbe portare a nuove vie per trattare queste malattie”, dice l’autore. Il corpo difende il cervello come una fortezza. Ci sono una serie di barriere che controllano quali molecole possono entrare o meno. Questa ‘barriera’ è stata scoperta all’inizio dell’800 ma solo oggi gli scienziati stanno incominciando a capire come funziona questo meccanismo. Oggi ci sono dei sistemi che permettono di studiare da vicino il cervello.

Intanto è di questi giorni la notizia che una nuova classe di farmaci sperimentali è risultata molto promettente nel colpire uno specifico enzima del cervello, riuscendo a prevenire la perdita precoce di memoria nei topi affetti dal morbo di Alzheimer. La notizia arriva da una ricerca promossa dalla Northwestern University pubblicata nei dettagli sulla rivista Plos One. Le piccole molecole testate riescono a fermare la perdita di memoria e il danneggiamento delle funzioni comunicative tra le cellule cerebrali nei modelli murini malati di Alzheimer.

“E’ un buon punto di partenza per lo sviluppo di innovativi trattamenti” ha spiegato Martin Watterson, autore dello studio “è molto probabile che in futuro questa tipologia di farmaco possa essere somministrata per arrestare il progredire di alcuni sintomi dell’Alzheimer all’inizio, appena le cellule nervose iniziano a diventare insufficienti”. Il nuovo farmaco-molecola – chiamato MW108 – riduce l’attività di un enzima che appare sovra-attivato in presenza del morbo ed è considerato influente per l’infiammazione cerebrale e l’alterazione della funzionalità dei neuroni: la protein-chinasi collegata allo stress, p38alpha MAPK.

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