Cresce in Lombardia la richiesta di tessuto muscolo-scheletrico: quasi 2000 trapianti nel 2012
In aumento i trapianti di tendini, menischi e ossa che permettono di curare gravi patologie ossee. Sei le Banche Regionali per la Conservazione di questi tessuti in Italia, una anche a Milano. Clara Terzaghi, della Banca regionale del tessuto muscolo-scheletrico lombarda: “La maggior parte della popolazione non conosce la Banca e non sa che è possibile ‘donare’. Se noi avessimo a disposizione più tessuto, potremmo soddisfare meglio le crescenti richieste dei pazienti e garantire alla popolazione lombarda molti più interventi di ricostruzione”.
Milano, 23 luglio 2013 – Possono evitare l’amputazione di un arto e migliorare la qualità di vita di pazienti vittime di incidenti invalidanti. Sono i trapianti di tessuto muscolo-scheletrico, tecnica chirurgica a cui si ricorre nei casi di importanti perdite ossee conseguenti a tumori o a fratture complesse, nelle ricostruzioni legamentose multiple degli sportivi infortunati e come sostituto osseo nelle revisioni di protesi d’anca e ginocchio. Pur non trattandosi di “trapianti salvavita”, consentono di curare alcune gravi patologie ossee, che diversamente avrebbero un decorso peggiore; sono da ritenersi, pertanto, interventi “migliorativi”. Attualmente stanno facendo registrare un numero di richieste in costante aumento, passando in Lombardia da una media di 500 operazioni annue, alle 1.800 effettuate nel solo anno 2012. In 450 casi c.a., corrispondente al 26% degli interventi totali, è stato utilizzato tessuto muscolo-tendineo (tendini e menischi); l’osso nelle sue varie forme è stato invece richiesto nel 77% dei casi.
Rispondono a queste richieste le Banche Regionali per la Conservazione del Tessuto muscolo-scheletrico. In Italia sono sei le strutture certificate a cui è possibile rivolgersi per ricevere tendini, tessuti e ossa; si trovano a Milano, Torino, Bologna, Firenze, Treviso e Roma. La Banca di Milano ha iniziato la sua attività nel 2003, mentre la prima nata in Italia, ubicata presso gli Istituti Rizzoli di Bologna, risale al 1962. “Dalla loro introduzione, la possibilità di usufruire di preziosi ‘ricambi’ ha permesso di ampliare molto le indicazioni terapeutiche per i pazienti”, spiega Clara Terzaghi, responsabile medico all’interno della Banca regionale del tessuto muscolo-scheletrico della Lombardia diretta dalla Dott.ssa Farè, e specialista in Ortopedia e Traumatologia presso l’Unità Operativa di Chirurgia Articolare Mininvasiva (CAM) dell’Istituto Ortopedico G. Pini. “Prima, per alcuni tipi di patologie non vi era alcuna possibilità di trattamento. Il tessuto sintetico rappresentava una possibile alternativa che tuttavia non garantiva e non garantisce al paziente lo stesso risultato”.
Nonostante i trapianti di tessuto muscolo-scheletrico abbiano un impatto minore sui media e sull’immaginario collettivo rispetto a quelli di organi, costituiscono un settore della medicina in rapida espansione e che offre notevoli possibilità terapeutiche. “Diversamente da quanto avviene per gli organi, il trapianto di tessuti non contempla alcun rischio di rigetto, poiché non è necessario che vi sia compatibilità tra donatore e ricevente. La maggior parte della popolazione non conosce la nostra Banca e non sa che è possibile “donare” l’osso e i tendini. Se noi avessimo una maggiore disponibilità di questi tessuti, potremmo soddisfare meglio le crescenti richieste dei pazienti e garantire alla popolazione lombarda molti più interventi di ricostruzione. In un futuro prossimo, potremmo ipotizzare interventi di ricostruzione sempre più complessi con il solo tessuto omologo”, evidenzia Terzaghi.
Ma come avviene esattamente il reperimento dei tessuti conservati presso le Banche? Vengono prelevati da donatori viventi o deceduti e possono essere elementi ossei (es. testa di femore) o muscolo-scheletrici (cartilagini, menischi, tendini). I criteri di inclusione, piuttosto restrittivi, sono i medesimi per entrambi i tipi di donatori. “Al momento dell’arruolamento – sottolinea Terzaghi – viene effettuata un’approfondita anamnesi che prevede l’esclusione di tutti i donatori con patologie gravi accertate, stati settici di natura batterica o virale, sieropositività, tumori maligni, pregressi interventi di trapianto di organi e/o tessuti, trattamenti immunosoppressivi e/o chemioterapici, malattie da prioni”. Nel caso del donatore deceduto è importante che la causa di morte non sia sconosciuta e che venga effettuata l’autopsia. L’équipe di medici che effettua il prelievo e il trapianto è diversa da quella che esegue l’accertamento di morte, un provvedimento introdotto per legge, con il fine di evitare che vi possa essere qualsiasi tipo di conflitto d’interesse. Il consenso rappresenta un elemento importante; nel caso del donatore vivente, viene compilato e firmato direttamente dal paziente; nel caso di donatore deceduto, viene accordato e firmato dai familiari.
“Tutti i pazienti sottoposti a protesi d’anca (PTA) sono potenziali donatori”, aggiunge Clara Terzaghi, da tempo specializzata nel recupero di teste di femore da donatori viventi – anche e soprattutto per i pazienti che opera all’interno dell’Unità CAM – e nel valutare e validare tessuti provenienti da tutti gli altri nosocomi presenti sul territorio lombardo. “È importante che rispondano ai criteri di inclusione e che non risultino positivi a un questionario sul rischio infettivologico concernente l’attività sessuale e le abitudini di vita. In linea teorica non c’è un limite legato all’età del donatore, ma è implicito che dopo gli 80 anni di età, soprattutto per le donne, subentra un problema di tipo osteoporotico, che potrebbe compromettere la buona qualità del tessuto. La testa del femore ‘donata’ viene stoccata e conservata nelle celle frigorifere della banca del tessuto a -80° C per un tempo massimo di 5 anni”.