Tumore ai polmoni: la chemio efficace
Più efficace della target
L’obiettivo è unico, ma la strategia può essere diversa. Negli ultimi anni nella cura dei tumori si sono fatti strada farmaci innovativi e su misura, “addestrati” a colpire il target molecolare, il gene e la relativa proteina, per fermare il cancro. I test del Dna ne hanno favorito l’evoluzione. Eppure adesso, uno studio pubblicato su The Lancet Oncology sancisce una sorta di rivincita per la vecchia chemioterapia, mai messa in soffitta, ma spesso nel cono d’ombra dei nuovi ritrovati della medicina. Sul cancro al polmone non a piccole cellule, la ricerca italiana – annunciata nel corso dell’American Society of Clinical Oncology (Asco) l’anno scorso – dell’Oncologia dell’Ospedale Fatebenefratelli di Milano, condotta da Marina Garassino, ricercatrice dell’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano in collaborazione con i Dipartimenti di Anatomia patologica del Fatebenefratelli e dell’Ospedale Niguarda di Milano, ha messo in luce che nel 90% dei casi la chemio è più efficace della target therapy. E questo accade perché tra i fumatori non è presente quella mutazione che rende efficaci alcuni di questi farmaci.
Lo studio, indipendente ha coinvolto 52 ospedali. Lo studio Il lavoro conclusosi a gennaio 2013 ha riguardato 220 pazienti con tumori del polmone non a piccole cellule, cioè oltre l’80% di tutti i casi dei 38mila casi di tumori del polmone diagnosticati ogni anno, selezionati a seguito di uno screening genetico di oltre 700 persone. Il 10% dei tumori del polmone non a piccole cellule è legato a una mutazione del gene EGFR mentre il restante 90% non presenta questa mutazione. “La ricerca ha dimostrato che il farmaco a bersaglio molecolare erlotinib non è per tutti – spiega il primo autore dello studio Marina Garassino, oncologa e ricercatrice dell’Istituto Nazionale dei Tumori -. Non tutti i tumori del polmone sono legati al fumo. I pazienti che non hanno mai fumato spesso presentano una mutazione di un particolare gene, EGFR, che rende su di loro particolarmente efficaci alcuni farmaci molecolari come erlotinib e gefitinib, e ora anche afatinib. Viceversa, nei pazienti fumatori o ex fumatori queste mutazioni sono estremamente rare. A distanza di 5-6 anni dall’immissione in commercio dei farmaci a target molecolare non era ancora chiaro se questa tipologia di pazienti beneficiasse veramente di erlotinib. Grazie a questo studio, abbiamo visto che sui pazienti senza le mutazioni di EGFR, più numerosi, la chemioterapia tradizionale ha più effetto”.
“Questo studio – afferma Massimo Broggini, direttore del laboratorio di farmacologia molecolare dell’IRCCS Istituto di Ricerche Farmacologiche “Mario Negri” – è uno dei primi al mondo sul tumore del polmone che ha analizzato il DNA di oltre 500 pazienti e dimostra che è indispensabile l’analisi genetica dei tumori per poter arrivare a individuare potenzialmente il miglior farmaco per ogni singolo paziente. Un importante passo in avanti per la personalizzazione delle cure”. “I risultati – sostiene Silvio Garattini, direttore dell’IRCCS Istituto di Ricerche Farmacologiche “Mario Negri” – dimostrano la possibilità di evitare terapie poco efficaci che, in particolare, riguardano fumatori ed ex fumatori, mentre consentirebbero al contempo importanti risparmi economici al Servizio Sanitario Nazionale, alle prese con il contenimento della spesa”.
Studi precedenti avevano dimostrato l’efficacia del farmaco a bersaglio molecolare erlotinib in pazienti con mutazione EGFR. Ma poiché erlotinib è oggi utilizzato per il trattamento di tutti i casi di tumore del polmone non a piccole cellule, obiettivo dello studio pubblicato su The Lancet Oncology è stato verificare l’efficacia sui pazienti senza questa mutazione genetica confrontandola con l’efficacia della chemioterapia tradizionale.
I risultati nel dettaglio. Lo studio ha permesso di osservare che i pazienti con tumore a piccole cellule che non presentano la mutazione del gene EGFR trattati con “erlotinib” hanno una sopravvivenza media al trattamento di 5,4 mesi mentre la sopravvivenza dei pazienti trattati con chemioterapia è superiore, pari a 8,2 mesi. È stato dimostrato che la possibilità che il tumore del polmone che non presenta mutazione di EGFR possa regredire è solo del 2%, mentre con la chemioterapia tradizionale tale possibilità sale al 14%. Alla ricerca hanno collaborato anche due laboratori dell’istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri – il laboratorio di Farmacologia Molecolare diretto da Massimo Broggini per le analisi genetiche su sangue e su tessuto e gli statistici Valter Torri e Irene Floriani che hanno seguito la raccolta dei dati e l’analisi statistica – ed è stato finanziato dall’Agenzia italiana del Farmaco (Aifa).