Vasi sanguigni funzionali da cellule staminali pluripotenti
Le cellule staminali pluripotenti indotte possono essere differenziate in cellule endoteliali e successivamente usate per generare vasi sanguigni pienamente funzionali. Lo ha dimostrato una ricerca su topi di laboratorio in cui le staminali da impiegare sono state selezionate analizzando specifici marcatori cellulari. Il risultato apre nuove prospettive per le ricerche nel campo della medicina rigenerativa e in particolare per il trattamento di malattie che inducono una degenerazione dei vasi sanguigni.
Un sistema di vasi sanguigni pienamente funzionali, in grado di sopravvivere nove mesi, è il risultato ottenuto in un modello animale da un gruppo di ricercatori del Massachusetts General Hospital riprogrammando cellule staminali pluripotenti indotte (iPSC). Pubblicato sui “Proceedings of the National Academy of Sciences”, il risultato apre nuove prospettive terapeutiche per molte malattie cardiovascolari e per quelle, come il diabete, che inducono una degenerazione del tessuto vascolare.
Le iPSC sono staminali ottenute in vitro a partire da cellule adulte indotte a percorrere a ritroso il loro cammino di maturazione. Uno volta arrivate allo stato di staminali, possono essere indirizzate verso una nuova differenziazione in diverse linee cellulari, potenzialmente in grado di integrarsi in differenti tessuti e organi del corpo.
Nonostante i successi in diversi studi, l’obiettivo di ottenere reti di vasi sanguigni pienamente e stabilmente funzionali è rimasto oltre le possibilità sperimentali. Una volta superato l’ostacolo della produzione sia delle cellule endoteliali che rivestono la superficie interna dei vasi sia le cellule del tessuto connettivo che fanno da sostegno, occorre infatti introdurle nell’organismo degli animali di laboratorio. E nei casi in cui si è riusciti a farlo, le cellule infatti non riuscivano a rimanere funzionali per lungo tempo.
“La scoperta di metodi per riportare cellule mature al loro stato ‘staminale’ in grado successivamente di differenziarsi in diversi tipi di tessuto ha offerto numerose prospettive al campo della medicina rigenerativa, ma derivare cellule funzionali dalle iPSC rimane una sfida ardua”, spiega Rakesh Jain, direttore dello Steele Laboratory for Tumor Biology presso il Massachusetts General Hospital e coautore dello studio. “Il nostro gruppo
ha sviluppato in metodo efficiente per generare i precursori delle cellule vascolari a partire da iPSC, usate poi per creare reti di vasi sanguigni ingegnerizzati in topi viventi”.
In questo studio, i ricercatori hanno adattato ai loro scopi un metodo impiegato originariamente per ottenere cellule endoteliali da staminali embrionali umane (hESC). La differenza consiste nel fatto che mentre prima veniva usato un solo marcatore proteico per identificare i progenitori vascolari, Jain e colleghi hanno usato cellule derivate dalle iPSC che esprimevano altri due marcatori di potenziali differenziazioni vascolari. Grazie un sistema di coltura delle cellule sviluppato per differenziare le hESC in cellule endoteliali, successivamente i ricercatori hanno confermato che solo le cellule derivate dalle iPSC che esprimevano tutti e tre i marcatori generavano cellule endoteliali con il pieno potenziale di generare vasi sanguigni.
Nella fase successiva della sperimentazione, le cellule così ottenute sono state impiantate sulla superficie del cervello di alcuni topi insieme con precursori di cellule mesenchimali, in grado di generare cellule di tipo strutturale. Nel giro di due settimane dall’impianto si è sviluppata una rete di vasi perfusi di sangue apparentemente in grado di funzionare come i vasi naturali adiacenti per tutti i 280 giorni di vita degli animali.
“Le potenziali applicazioni dei vasi sanguigni derivati dalle iPSC sono varie, e vanno dalla riparazione dei vasi danneggiati che vanno al cuore o al cervello fino alla prevenzione dell’amputazione degli arti a causa delle complicazioni del diabete”, commenta Rekha Samuel, coautore dello studio. “Ma prima occorre affrontare alcuni ostacoli come la variabilità delle iPSC e i loro problemi di sicurezza a lungo termine”.