Mappate le complesse connessioni dei neuroni della retina

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Definita per la prima volta nei modelli animali della drosofila e del topo, una mappa dell’intricatissimo sistema di connessioni che collega i numerosi tipi di cellule nervose che formano la retina, un passo essenziale per comprendere appieno i meccanismi di computazione biologica che presiedono alla percezione visiva.retina_biocompatibile

La comprensione dei meccanismi biologici sottostanti alla percezione visiva fa un passo avanti grazie a tre nuovi studi pubblicati sull’ultimo numero di “Nature”, che hanno portato alla ricostruzione del sistema di connessioni di alcuni tra i numerosi tipi diversi di neuroni della retina.

Per quanto sia studiato da anni, il funzionamento del sistema visivo ha ancora aspetti ignoti, soprattutto a causa della sua intrinseca complessità. La tipica retina di un mammifero contiene più di 60 diversi tipi di neuroni, ognuno dei quali ha una differente morfologia e una funzione specifica: i segnali dei fotorecettori vengono elaborati a cascata da gruppi di cellule amacrine, bipolari e orizzontali che sono in connessione con le cellule gangliari – di ben 20 tipi differenti – responsabili di trasmettere l’informazione al cervello.

Moritz Helmstaedter e colleghi del Max-Planck-Institut per la ricerca medica, a Heidelberg, sono ora riusciti a definire il connettoma, una mappa di tutte di tutte le connessioni sinaptiche, di uno strato interno della retina di topo realizzando microsezioni dello strato, successivamente fotografate al microscopio elettronico e digitalizzate per ottenere una ricostruzione digitale in 3D.

Schema delle connessioni fra le 379 cellule nervose della retina di drosofola analizzate nello studio di Takemura e colleghi. (Cortesia Chklovskii Lab & FlyEM project / Janelia Farm Research Campus)

La ricostruzione, che interessa complessivamente 950 neuroni, ha consentito una classificazione definitiva dei differenti tipi di cellule bipolari, ben corrispondente a quella già ottenuta attraverso il ricorso a marcatori biomolecolari, ma con una loro descrizione molto più precisa.

Shin-ya Takemura e colleghi alla Dalhousie University, a Halifax, in Canada, hanno invece cercato di definire, attraverso procedure analoghe a quelle sfruttate da Helmstaedter, il connettoma dell’occhio del moscerino della frutta, per scoprire il segreto della elevatissima reattività dell’insetto nello schivare i predatori, una capacità che richiede un sistema di identificazione estremamente efficiente della direzione di movimento di ciò che entra nel loro campo visivo. I ricercatori hanno così ottenuto una mappa che traccia 7822 connessioni tra 380 neuroni, identificando un circuito che appare coinvolto nella rilevazione del movimento.

Matthew S. Maisak e colleghi al Max-Planck-Institut per la neurobiologia a Martinsried, infine, hanno individuato e studiato i neuroni caratteristici del circuito identificato dai colleghi canadesi. Noti come cellule T4 e T5, questi neuroni hanno dimensioni così minuscole che finora era stato impossibile monitorarne l’attività con le consuete tecniche di registrazione elettrica.

Maisak e colleghi sono riusciti a superare il problema introducendo nei neuroni un marcatore proteico mediante tecniche genetiche. In questo modo hanno dimostrato che le cellule T4 e T5 si dividono in quattro sottopopolazioni specifiche che rispondono ciascuna a un particolare tipo di moto: verso l’alto, verso il basso, avanti-dietro e dietro-avanti.

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