Al Congresso degli Anestesisti ACD-SIAARTI i rimedi per impedire che il dolore diventi malattia

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Grunenthal

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Sessione speciale dedicata al tema, in apertura dell’assise,

 

 in corso di svolgimento a Pordenone

Pordenone, 19 settembre 2013Gli anestesisti in Congresso si concentrano sul dolore che evolve in malattia. Un fenomeno che, terminata la fase del “dolore utile” in quanto sintomo di una patologia, in molti casi persiste fino a diventare cronico, con effetti invalidanti di vasta portata. Nelle sue diverse forme, le più recenti stime indicano che circa il 20% della popolazione italiana, 12 milioni di individui, soffra di dolore cronico di varia origine, oncologica e non, con una ricaduta pesante sia dal punto di vista sociale, sia economico: nell’ordine di 1 miliardo di ore lavorative perse in un anno per tale causa, con circa 2 miliardi di euro spesi per prestazioni sanitarie e farmaci.

I problemi che nascono dal dolore e le nuove soluzioni farmacologiche oggi a disposizione, sono stati protagonisti del prologo del XII ACD-SIAARTI, iniziato il 19 settembre a Pordenone (si concluderà il giorno 21). Una sessione speciale del Congresso, che ha anticipato l’inaugurazione ufficiale, è stata centrata sul tema “Quando il dolore diventa malattia”, questione nodale per il sistema sanitario, regolata da tre anni a questa parte dalla Legge 38, unanimemente indicata come una delle più evolute in assoluto fra i Paesi occidentali, con l’intervento di alcuni fra i massimi esperti italiani di terapia del dolore. La tavola rotonda è stata moderata dal dottor Carlo Gargiulo, noto non solo come clinico ma anche come divulgatore per le sue frequenti partecipazioni a trasmissioni televisive e radiofoniche di argomento medico.

“Per tanti anni il dolore è stato considerato semplicemente un sintomo – ha spiegato la professoressa Flaminia Coluzzi, Anestesia e Rianimazione presso l’Università La Sapienza di Roma –. Quando però diviene cronico e perde la sua funzione fisiologica di campanello d’allarme, rivelatore di altre patologie o comunque di minacce a danno dell’organismo, il dolore si trasforma in una vera e propria malattia, che va prevenuta, per quanto possibile, e poi senz’altro curata, come prescrive la Legge 38 del 2010″.

La scienza farmacologica oggi mette a disposizione soluzioni innovative, in grado di agire in maniera duplice: bloccare la trasmissione della sensazione dolorosa e, in contemporanea, potenziare i meccanismi fisiologici attraverso i quali l’organismo modula il dolore. In tal senso il tapentadolo, molecola all’avanguardia, ha di fatto inaugurato una nuova classe di farmaci che consentono un approccio complessivo alla problematica del dolore cronico. Accanto alle forme più note e diffuse, primo fra tutti il dolore lombare, quindi le forme severe di dolore oncologico, esistono manifestazioni meno considerate, ma non per questo di minore importanza e incidenza, come il dolore neuropatico localizzato: “Si tratta di una forma di sofferenza complessa – ha illustrato il professor Consalvo Mattia, Dipartimento di Scienze e Biotecnologie Medico-Chirurgiche dell’Università La Sapienza di Roma –. Nonostante l’aggettivo ‘localizzato’ faccia pensare a un dolore circoscritto e quindi più sopportabile, si tratta di una sofferenza severa e persistente, che impatta sulla qualità di vita dei pazienti, impedendo loro molte attività della vita quotidiana, incluse, in alcuni casi, le occupazioni lavorative. È una forma dolorosa – ha proseguito il docente – che può essere post-traumatica, post-chirurgica, oppure conseguente ad alcune patologie ben definite, come nel caso della neuropatia diabetica o del dolore posterpetico”. Anche in questo caso, la farmacologia dispone oggi di rimedi di grande efficacia e a bassa invasività. “Per un dolore localizzato la terapia migliore è senza dubbio altrettanto localizzata, che esclude gli effetti avversi di una cura per via sistemica – ha precisato il professor Mattia –. La lidocaina al 5% in forma di cerotto, da poco in commercio in Italia e attualmente approvata per la nevralgia posterpetica, è sotto la lente degli studiosi, che stanno cercando di comprenderne l’efficacia anche nella terapia di altre forme di dolore neuropatico localizzato”.

La validità di questo tipo di terapia è stata rimarcata nell’intervento del professor Francesco Paoletti, responsabile della Struttura complessa di Anestesia, Rianimazione e Terapia del dolore del Polo ospedaliero di Perugia, che ha maturato una documentata esperienza d’impiego: “Il cerotto per la terapia topica del dolore neuropatico localizzato è un presidio assolutamente sicuro proprio per le sue caratteristiche di utilizzo, in quanto, tra le altre sue caratteristiche, ha quella di non interferire con altri farmaci”.

 

Alla sessione speciale del XII ACD-SIAARTI, ha fatto seguito un momento di particolare rilievo del Congresso, sempre coordinato dal dott. Gargiulo, in cui le storie cliniche di dolore sono andate a incrociarsi con quelle umane, descritte dagli scrittori partecipanti alla rassegna letteraria “Pordenonelegge”, in corso di svolgimento nella città friulana.

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