Biosentinella salva-cuore, per escludere l’ipotesi di infarto più velocemente.

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È il biomarker copeptina. Primo studio presentato a Esc

Obiettivo: dimissioni sicure e più veloci. Che alleggeriscono i sistemi delle emergenze ospedaliere, riducono i costi, ma soprattutto fanno tornare prima e in sicurezza a casa i pazienti per i quali si sospettava il rischio di infarto. È stato presentato al Congresso europeo di cardiologia ESC 2013 il primo studio condotto da ricercatori dell’Università Charitè di Berlino su 902 pazienti che ha verificato l’utilizzo di un nuovo biomarker, la copeptina, sviluppato dalla Thermo Fisher Scientific.

Distinguere i casi – Solo il 15% dei casi, ad esempio di dolore toracico, in cui si sospetta la sindrome coronarica acuta, anticamera dell’infarto, va incontro a eventi cardiaci avversi. Le linee guida attuali prevedono che i pazienti siano sottoposti al test della troponina. Questo significa attendere i risultati dei test, tenere sotto osservazione il paziente anche quando il test è negativo, sottoporlo comunque a nuove cure. Il lavoro dei ricercatori tedeschi mirava a stabilire la possibilità di escludere il rischio di infarto acuto del miocardio più rapidamente, con la stessa in sicurezza, combinando il test tradizionale della troponina con il nuovo marker copeptina.

La copeptina è un campanello d’allarme che “suona” in anticipo quando si prevede il rischio cardiaco: è parte del pro-ormone vasopressina, un indicatore di risposta allo stress individuale. Gli studi ne hanno messo in luce le caratteristiche di prevenzione cardiologica. Per dimostrare l’efficacia come biomarker della copeptina in associazione a troponina sono stati arruolati 902 pazienti risultati negativi al test di troponina. Di questi 451 pazienti, risultati negativi anche al test con copeptina, sono stati dimessi e sottoposti a cure ambulatoriali con una visita programmata entro le successive 72 ore. Gli altri, positivi alla copeptina, sono stati trattati secondo le linee guida. I 451 pazienti del gruppo di controllo, per i quali i medici non erano in possesso dei risultati sui valori della copeptina, sono stati trattati con lo standard di cura. È stato dimostrato che nei successivi 30 giorni i due gruppi hanno avuto tassi simili di eventi cardiovascolari avversi (5,46% nel gruppo sperimentale contro il  5,5 % nel gruppo di controllo), ma i pazienti del gruppo sperimentale venivano dimessi molto più velocemente di quelli del gruppo di controllo (66% dei casi, contro il 12%).

“Una strategia che potrebbe cambiare la pratica clinica, con una grande sicurezza per i pazienti”, spiega l’autore dello studio Martin Möckel, Direttore della Divisione di Medicina d’Urgenza dell’Università Charité di Berlino. Anche se è sempre “della massima importanza la valutazione del medico nella decisione finale di dimettere il paziente – sottolinea Möckel – con questa strategia, un numero maggiore di persone potrebbe essere mandato a casa evitando trattamenti non necessari e risparmiando le risorse, per usarle nei casi in cui sono veramente utili. Così il beneficio è sia per i pazienti che per il sistema sanitario in generale”.

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