Maternità: il profumo del bambino nutre meccanismi cerebrali

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Diventare mamma cambia letteralmente il cervello di una donna, rendendolo più sensibile all’odore dei neonati.

Il profumo di un bambino piccolo stimola infatti l’attività del nucleo caudato delle donne che hanno da poco avuto un figlio, attivando così gli stessi meccanismi di ricompensa associati ad altre forme di piacere, come il cibo e il sesso. La scoperta arriva dalle pagine di Frontiers in Psychology, dove un gruppo internazionale di ricercatori ha pubblicato il primo studio ad aver dimostrato l’effetto dell’odore dei piccoli sul cervello materno.fetus

La ricerca ha coinvolto 30 donne. Solo la metà delle partecipanti era già diventata mamma, avendo partorito da 3 a 6 settimane prima dell’inizio dello studio. Tutte hanno partecipato allo stesso esperimento e mentre annusavano l’odore del pigiama di neonati di 2 giorni di vita sono state sottoposte ad analisi dell’attività cerebrale. Ne è emerso che anche se tutte le donne percepivano l’odore con la stessa intensità, nelle mamme l’attivazione delle aree cerebrali responsabili dei meccanismi di ricompensa era maggiore. In particolare è stata rilevata un’attivazione maggiore del nucleo caudato “una struttura – ha spiegato Johannes Frasnelli, coautore dello studio – che gioca un ruolo nell’apprendimento della ricompensa. E la dopamina è il neurotrasmettitore principale nel circuito neurale della ricompensa”.

“I segnali chimici olfatti per la comunicazione tra madre e figlio sono intensi – ha sottolineato Frasnelli – Quello che abbiamo dimostrato per la prima volta è che l’odore dei neonati, che fa parte di questi segnali, attiva nelle madri i circuiti neurologici della ricompensa”. Secondo i ricercatori questa scoperta dimostra il coinvolgimento dell’odore dei piccoli nello sviluppo di risposte come l’allattamento e l’istinto di protezione e di un legame indispensabile per la sopravvivenza del neonato. L’ipotesi è che il parto scateni cambiamenti ormonali che influenzano i circuiti di ricompensa, ma i ricercatori non escludono nemmeno che sia l’esperienza a giocare un ruolo fondamentale in questo fenomeno.

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