Ridurre il girovita non è solo un affare “cosmetico”. Troppa pancia uccide
Perdere centimetri sulla zona cintura può salvare la vita. In particolare dopo un infarto, perché tra chi sopravvive a un attacco di cuore avere una pancia prominente aumenta il rischio di morte. E’ l’avvertimento di un gruppo di ricercatori francesi, autori di uno studio presentato ad Amsterdam al Congresso 2013 della Società europea di cardiologia (Esc). Intervenire sul punto vita per ridurlo, anche quando l’indice di massa corporea (il Bmi) è nel range della normalità – ammoniscono Tabassome Simon e Nicolas Danchin, dell’Hopital St.Antoine di Parigi – dovrebbe essere un ‘must’ per tutti, ma ancora di più per chi è scampato a un infarto.
Gli scienziati hanno lavorato sui dati raccolti da oltre 3.600 pazienti di 223 centri, trattati in terapia intensiva per infarto miocardico acuto, e hanno valutato la mortalità a 5 anni incrociandola con i dati relativi al Bmi e alla circonferenza vita. In sintesi, il risultato è che sia i pazienti troppo magri sia quelli molto grassi avevano un maggior rischio di morire (+41% e +65% rispettivamente). Ma anche avere un girovita ‘extralarge’ (oltre 110 centimetri nelle donne e più di 115 negli uomini) aumentava il pericolo di un nuovo attacco letale (+44%). Il rischio di mortalità inferiore lo avevano i post-infartuati sovrappeso o leggermente obesi.
Il dato potrebbe stupire, ma in realtà si collega a quello che gli scienziati chiamano ‘paradosso dell’obesità’: durante un attacco di cuore, le persone obese hanno una mortalità precoce inferiore. Resta il fatto che essere obesi fa male, tengono a precisare gli studiosi.
Simon conclude così: “Girovita largo, obesità marcata e sottopeso sono tutte condizioni associate a un maggior rischio di morte fra i sopravvissuti a un infarto. Essere troppo magri o troppo grassi non va bene, ma fa ancora peggio avere una pancia troppo grossa. Da un punto di vista di salute pubblica, il messaggio ai pazienti reduci da un attacco di cuore dovrebbe essere questo: concentrate gli sforzi per ridurre l’obesità grave e l’obesità addominale, più che il sovrappeso o la lieve obesità”. E la chiave è puntare sugli stili di vita, in particolare sulla lotta alla sedentarietà.
Su questo fronte, un incoraggiamento a chi non è abituato a fare esercizio e quindi non brilla per performance cardiorespiratorie, arriva da un altro studio illustrato all’Esc. La ricerca è finlandese, condotta su oltre 2.600 uomini dai 42 anni ai 60, dimostra che l’attività fisica riduce il rischio di morte improvvisa proprio nei maschi ‘unfit’: quelli che sul tapis roulant arrancano con il fiatone e il cuore in gola. Devono resistere e non mollare, perché anche e soprattutto a loro lo sport fa bene. Parola di scienziati.