Diabete: prevenzione in età neonatale grazie alla carnitina

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l-carnitine

Bassi livelli dell’aminoacido associato con i rischi metabolici

Prevenire l’insorgenza del diabete di tipo 1, quello giovanile, con integratori alla carnitina nei primissimi mesi di vita del bambino. È la prospettiva originale verso cui punta uno studio italiano condotto dai ricercatori dell’azienda ospedaliera universitaria Meyer di Firenze e pubblicata su Nature Nutrition and Diabetes.

L’azione dei linfociti – I ricercatori hanno avuto a disposizione una banca dati senza paragoni, resa possibile dallo screening allargato che il Mayer per conto della Regione Toscana garantisce a tutti i nuovi nati toscani e umbri per la ricerca di malattie metaboliche e genetiche che possono essere rintracciate nelle prime settimane di vita. Questo ha consentito di esaminare il profilo clinico neonatale dei sempre più numerosi bambini che si ammalano di diabete.

Lo studio ha confrontato i dati di 50 bambini che poi hanno sviluppato il diabete di tipo 1 nei primi 6 anni di vita con i dati di altri 200 b bimbi senza problemi di diabete e ha fatto emergere un elemento nuovo. “I bambini che svilupperanno questo tipo di diabete, rispetto alla popolazione di controllo, hanno valori più bassi delle carnitine“, spiega Sonia Toni Direttore del Centro regionale di Riferimento di Diabetologia pediatrica che in collaborazione con Barbara Piccini e con Giancarlo la Marca, direttore del Laboratorio screening neonatale allargato, coadiuvato da Sabrina Malvagia, ha individuato questa associazione.

“Questi bassi livelli di carnitina – afferma Toni – impediscono la distruzione dei linfociti T autoreattivi a livello del timo. La permanenza di questi linfociti T nel tempo innesca la reazione autoimmune che andrà a distruggere le beta-cellule del pancreas”. La diversità si configura principalmente a carico della carnitina libera e di alcuni suoi esteri ed è presente, seppure solo come trend negativo, anche per gli aminoacidi.

“Questo significa che oggi potremmo pensare di avere a disposizione una informazione estremamente precoce su chi svilupperà diabete tipo I”, fa notare La Marca. Un’informazione che, se sarà confermata la relazione in una prossima sperimentazione, potrebbe aprire la strada a un trattamento “precocissimo” del diabete giovanile.

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