Difetti della coagulazione e odontoiatria: focus sul paziente emofilico
Roma, 21 novembre 2013 – Le patologie della coagulazione, la prevenzione odontoiatrica nel paziente emofilico (dal bambino all’adulto), le Prestazioni Ambulatoriali Complesse nel paziente emofilico (PAC), un decalogo per il paziente e una guida per il medico, il lavoro del Centro Emofilia del Policlinico Umberto I, della FedEmo e dell’AEL Onlus, l’esperienza dell’Istituto George Eastman di Roma: questi i temi al centro del workshop “Difetti della coagulazione e odontoiatria: focus sul paziente emofilico”, organizzato oggi presso la prestigiosa cornice della “Sala Tevere” della Regione Lazio, dove si sono dati appuntamento medici ematologi, odontoiatri, esperti del settore, autorità politico-istituzionali e del mondo della ricerca, oltre a numerosi ed illustri relatori ed associazioni di pazienti, per presentare il rapporto tra il paziente emofilico e le cure odontoiatriche. Rapporto in passato travagliato, oggi invece più sereno grazie alle nuove tecniche di cura, sia in termini strumentali che di materiali.
Un interessante momento di confronto per approfondire le problematiche cliniche, organizzative ed economiche delle cure odontoiatriche nel paziente portatore di difetti della coagulazione.
Il workshop, al termine del quale si è tenuta una conferenza stampa, è stato organizzato dalla Federazione delle Associazioni degli Emofilici (FedEmo), dall’Associazione Emofilici del Lazio AEL Onlus e dall’Istituto George Eastman di Roma.
Vincere la “paura del dentista”, ancor più per il paziente emofilico, è la sfida che si vuole lanciare attraverso il racconto dell’esperienza del Lazio dove, attraverso la collaborazione tra l’Istituto Eastman e il Centro Emofilia del Policlinico Umberto I, è stato realizzato un efficace modello di cura odontoiatrica, che ha consentito anche una significativa riduzione dei costi. E’ possibile estendere tale modello ad altre Regioni italiane?
“Quando ero bambino – ha raccontato Romano Arcieri, Segretario Generale della FedEmo – non erano disponibili approcci farmacologici come la profilassi e la presenza di diversi prodotti terapeutici per la cura dell’emofilia. Ogni approccio invasivo determinava pertanto la paura di “farsi male”, senza pensare che comunque eravamo in mano a specialisti. Probabilmente questa paura ha “colpito” gran parte della nostra comunità, quella adulta, per la quale alcuni approcci interventistici non erano così scontati ed immediati come oggi ma richiedevano una complessità di intervento che spesso erano causa di ripensamenti: questo comportamento ha sicuramente determinato un ritardo nelle cure dentarie, favorendo a lungo termine situazioni patologiche sfavorevoli. Oggi c’è una sempre maggior richiesta di procedure invasive, come quella degli impianti, che da una parte hanno bisogno di una tecnica specifica, dall’altra di una copertura emostatica adeguata. Da qui la necessità che tali procedure vengano eseguite in strutture con esperienza e competenze adeguate rispetto alla tipologia (IRCSS, Università) e alla presenza di unità di trattamento complesse, con la necessità di collaborazioni tra lo specialista odontoiatrico e quello ematologico. Infine, per ridurre l’impatto sulla salute dentaria, si auspica una maggiore informazione ai dentisti del territorio attraverso la divulgazione di materiale informativo definito tra l’odontoiatra e l’ematologo, ma anche la possibilità di sviluppare una rete di specialisti odontoiatrici di riferimento riconosciuti dalla Regione, con la naturale conseguenza di innalzare il livello delle cure offerte alla comunità emofilica in termini di appropriatezza”.
Chiaro, dunque, il messaggio emerso dal workshop: grazie all’adozione di determinati accorgimenti, oggi è possibile gestire gli interventi odontoiatrici in pazienti definiti “a rischio”, come quelli emofilici. “Abbiamo capito – ha affermato il Dott. Francesco Riva, U.O.C. Chirurgia Odontostomatologica Ospedale George Eastman di Roma – che il paziente emofilico presentava problematiche particolari con difficoltà nella gestione medica e terapeutica. Per questo abbiamo attivato dei sistemi PAC (Prestazioni Ambulatoriali Complesse) per trattare tali pazienti a livello ambulatoriale, senza ricorrere al regime di ricovero: questo ha, di fatto, determinato una netta riduzione dei costi di gestione ed una migliore aderenza al trattamento del paziente stesso (compliance). In particolare, in un periodo di 7 anni, tra il 2007 ed il 2013, sono stati sottoposti a trattamenti chirurgici invasivi 50 pazienti (42 maschi e 8 femmine) con disturbi congeniti dell’emostasi. Abbiamo effettuato 156 chirurgie, facendo registrare 0 casi di sanguinamento o complicazioni da infezione post operatorie, senza ricorrere all’ospedalizzazione”. Riva ha poi presentato il Decalogo per il medico e per il paziente (vedi relativa cartella), per assicurare a quest’ultimo la massima efficienza in termini di sicurezza.
“La politica e le istituzioni – ha dichiarato l’On. Rodolfo Lena, presidente commissione Politiche sociali e Salute del Consiglio regionale del Lazio – devono incoraggiare e sostenere iniziative come quelle portate avanti dall’istituto Eastman, vanto del sistema sanitario pubblico laziale, e da Fedemo. È così che si fa sistema, è così che ci si salda con il mondo dell’associazionismo attivo. Il nostro impegno andrà nella direzione di favorire sempre più processi di razionalizzazione delle prestazioni erogate, così come la diffusione di informazioni corrette e volte alla prevenzione e alla gestione di eventuali complicazioni: ben vengano dunque il decalogo stilato dal professor Riva e l’adozione di linee guida e protocolli operativi. È inoltre per noi fondamentale il contributo degli emofilici in termini di idee e di proposte per migliorare la nostra sanità e fare del Lazio un punto di riferimento per chi, soffrendo di questa grave patologia, debba affrontare cure odontoiatriche”.
Nel corso dei lavori si è parlato delle cure odontoiatriche per i bambini emofilici. Molto toccante l’esperienza di una mamma di un bimbo affetto da questa patologia. “Dalla mia esperienza – ha spiegato – ho imparato che è sempre necessario rivolgersi ad un dentista vicino la propria residenza, educare all’igiene dentale come prevenzione e contattare sempre il Centro Emofilia”.
Dall’incontro è emerso il ruolo fondamentale dell’Associazione Emofilici del Lazio AEL Onlus, formata da 720 persone, per aiutare i pazienti e le famiglie ed informare su cosa sia l’emofilia. “I nostri obiettivi – ha informato il Presidente Ottorino Rossi – sono quelli di soddisfare le necessità degli emofilici e delle loro famiglie che non sanno bene come affrontare le varie problematiche della vita con questa patologia, assicurare un supporto sociale ed umano ai giovani emofilici, informare sugli sviluppi della ricerca nella cura dell’emofilia, dell’HIV e dell’epatite, aiutare l’emofilico nelle esigenze ospedaliere, promuovere incontri medico-scientifici”. Rossi si è soffermato sulle criticità dei circa 650 pazienti affetti da emofilia e da altre malattie emorragiche congenite del Lazio. “La Regione Lazio – ha proseguito – ha istituito la Rete Assistenziale delle Malattie Emorragiche Congenite (MEC). Nella rete è previsto un modello “Hub & Spoke”, con un Centro di riferimento e coordinamento (Centro di III livello), presso il Policlinico Umberto I (Dipartimento di Ematologia Biotecnologie Cellulari e Ematologia), due presidi di II livello (Ospedale Bambin Gesù, Policlinico Gemelli) e 4 presidi di I livello (Belcolle-Viterbo, S. Camillo de Lellis-Rieti Provincia Rieti, SM Goretti-Latina, Umberto I-Frosinone). La Rete, purtroppo, non è stata mai implementata. La più grande criticità riguarda il Centro Hub, dove 1.000 tra pazienti emofilici e portatori di disordini di aggregazione e coagulazione del sangue sono gestiti da un unico professionista!”. “La Rete, indicata nel decreto n. U0057 del 12 luglio 2010 del Commissario ad acta – ha continuato Teresa Petrangolini, Consigliere regionale del Lazio e membro della Commissione Politiche Sociali e Salute – è purtroppo rimasta solo sulla carta e la riorganizzazione non ha avuto mai un’implementazione effettiva. Sulla base dell’Accordo, sancito lo scorso 13 marzo 2013, tra Governo, Regioni e Province autonome di Trento e Bolzano sulla definizione dei percorsi regionali o interregionali di assistenza per le persone affette da MEC, occorre portare a termine il percorso intrapreso affinché questa rete diventi effettivamente operativa al più presto, visto che lo stesso accordo andava recepito entro sei mesi. Tra i punti sottoscritti da tutti gli attori istituzionali, infatti, – ha proseguito la Petrangolini – le Regioni si sono impegnate a definire in modo formale i percorsi assistenziali delle persone con MEC secondo un approccio integrato, attraverso la definizione condivisa di procedure diagnostiche e terapeutiche, i presidi accreditati MEC e una rete di unità operative in grado di prendere in carico il paziente qualora siano necessarie prestazioni specialistiche non erogate dagli stessi presidi accreditati”. Proprio in questa direzione va la collaborazione tra Istituto Eastman e Centro Emofilia del Policlinico Umberto I, in attesa di un riconoscimento formale da parte delle rispettive Direzioni Aziendali.