Enigma rosa: perché cuore e diabete hanno un identikit diverso nella donna
Il cuore delle donne è ancora un enigma, anche per i camici bianchi. “Le cardiopatie hanno caratteristiche e manifestazioni differenti rispetto agli uomini: nelle donne colpiscono più tardi ma in modo più insidioso, e i farmaci per loro hanno effetti molto diversi.
Il risultato è che ancora oggi la diagnosi e la cura delle donne con cardiopatie sono più ‘insidiose’. Discorso simile per il diabete: a parità di accesso alle terapie e di cure, le donne tendono ad avere risultati clinici peggiori”. A puntare il dito sulla salute al femminile è Stefano Vella, direttore del Dipartimento del farmaco dell’Istituto superiore di sanità, in occasione del convegno sulla ‘Salute di genere: una proposta per il futuro’, in corso a Roma.
Insomma, dal punto di vista della salute le donne vengono davvero da Venere e gli uomini da Marte. “L’attenzione alla medicina di genere non è una moda, ma una necessità – dice Vella all’Adnkronos Salute – Le donne non sono piccoli uomini ma, tra ormoni, massa corporea, gravidanza e menopausa, non solo presentano sintomi diversi rispetto agli uomini per molte malattie, ma per loro anche gli effetti dei farmaci sono differenti. E’ il caso delle statine, che funzionano più per lui che per lei, o dell’aspirinetta, che nelle donne previene l’ictus ma non l’infarto. Alcune cose sono note, ma c’è ancora troppa nebbia sulle peculiarità mediche femminili. Inoltre c’è da tener conto di un altro aspetto: l’uomo è più ‘pauroso’, al minimo problema si presenta dal medico. Le donne, prese da mille incombenze tra lavoro e famiglia, tendono a rinviare i controlli per sé. Risultato? Si presentano dal dottore spesso quando il problema è già in fase avanzata”. Secondo Vella lo stile di vita femminile richiederebbe anche un’accessibilità dei servizi ad hoc, a livello di organizzazione.
“Molto si può fare” attraverso la proposta di legge sulla medicina di genere presentata in agosto da Pierpaolo Vargiu, presidente della Commissione Affari sociali della Camera, “ma anche l’Iss vuole fare la sua parte. L’intenzione – spiega Vella – è quella di creare un gruppo di lavoro sull’appropriatezza delle cure, che abbia un occhio attento alle problematiche di genere, e abbia il compito di contribuire sia alla ricerca di base che a quella clinica su questo argomento. Il tutto in collaborazione con il ministero della Salute, l’Aifa, l’Agenas e con le Regioni. Ma anche quello di monitorare che le evidenze scientifiche e le direttive comunitarie in tema di salute della donna siano applicate su tutto il territorio nazionale”.
“Un’iniziativa, quella sulla medicina di genere, che fa dell’Italia un’apripista in Europa”, assicura Ineke Klinge, dell’Università di Maastricht, fra le massime esperte internazionali del settore. “La salute delle donne è salute per la società. Il provvedimento di legge sulla medicina di genere è eccezionale, e potrebbe rendere il vostro Paese un modello per l’Europa. Approvatelo subito”, le fa eco Londa Schiebinger, dell’Università di Stanford. “L’Iss – annuncia poi Vella – punta a dar vita al II Progetto straordinario sulla salute della donna, che ci consenta di coordinare ricercatori e istituzioni impegnati in questo campo. Pensiamo all’importanza di ‘disegnare’ strutture davvero a misura di donne, con un sistema di ambulatori a bassa soglia, che riducano al minimo la burocrazia e siano abbastanza flessibili, anche come orari, da consentire davvero alle donne di curarsi”.
“Ma l’Italia non può essere introversa: dobbiamo tenere aperta una finestra e pensare anche alle disuguaglianze di cui sono vittime le donne del Sud del Mondo”. L’idea di Vella è quella di avviare un progetto triennale, per cui “servono 2 milioni di euro”. Fondi che al momento non ci sono, “ma siamo fiduciosi di trovarli”, assicura Vella pensando anche al contributo di privati. “Donne e uomini hanno caratteristiche tali da sembrare quasi appartenenti a specie diverse, sia per l’epidemiologia che per l’espressione e gli esiti di molte malattie”, riflette Flavia Franconi, direttore del Laboratorio di medicina di genere dell’Università di Sassari.
“Differenze insospettabili fino a qualche anno fa, oggi rilevate persino a livello di cellule staminali – nota Schiebinger – La ricerca sul farmaco non può fare a meno di tenerne conto, a partire dagli studi sulle cavie: i risultati sono differenti su animali maschi e femmine, ma oggi ancora troppi lavori non indicano il sesso degli esemplari usati. Ecco perché è fondamentale che ricercatori, industria e associazioni si mettano insieme e si trovino fondi per questo settore”. “A favore del vostro Paese c’è la grande attenzione dei ricercatori maschi per questo settore della medicina: un interesse che da voi tocca il 30-40% degli uomini. Una rarità, che può dare all’Italia un ruolo importante a livello europeo”, assicura Klinge.