Dolore: cure “fai da te” per 1 paziente su 2, solo il 24% si affida al medico di famiglia
A quasi 4 anni dall’approvazione della Legge 38, una ricerca commissionata a Doxa dal Centro Studi Mundipharma ha cercato di comprendere se e come sia cambiata la gestione del dolore nella mentalità e nell’effettivo comportamento di pazienti, medici di famiglia e farmacisti. Emergono segnali di apertura verso i farmaci oppioidi, il cui impiego però è penalizzato da disinformazione e paure infondate. Le terapie con antinfiammatori, nonostante gli effetti collaterali, restano ancora le più diffuse, come confermano i dati di mercato: nel periodo ottobre 2012 – settembre 2013, oppiacei a quota 99 milioni di euro, contro 292 milioni spesi per FANS e Coxib (dati IMS Midas).
Milano, 11 dicembre 2013 – In linea di principio, riconoscono nel medico di medicina generale la figura di riferimento per la cura del dolore (91%) ma, alla prova dei fatti, gli italiani decidono in autonomia e ricorrono all’automedicazione (53%) o, più di rado, chiedono consiglio in farmacia (20%). Nei confronti dei farmaci oppiacei, cresce la fiducia degli addetti ai lavori e l’interesse dei pazienti eppure, ogni 10 analgesici prescritti, 1 solo è oppioide mentre 7 sono antinfiammatori non steroidei (FANS), anche per dolori cronici e terapie protratte nel tempo. E’, in sintesi, la fotografia scattata da una recente indagine condotta da Doxa per conto del Centro Studi Mundipharma su un triplice target, allo scopo di sondare i rispettivi approcci al trattamento antalgico: 500 pazienti (25-64 anni) che hanno utilizzato medicinali antidolorifici negli ultimi 6 mesi, 100 medici di famiglia e 100 farmacisti di tutta Italia.
Dal dire al fare, un divario da colmare. Potrebbe essere questa la formula che riassume il quadro articolato e, in parte, contraddittorio dipinto dalla survey. “Abbiamo riscontrato un’attitudine positiva verso gli antidolorifici oppioidi e una diffusa consapevolezza della loro efficacia, dichiarata da tutti i target coinvolti nell’indagine”, spiega Massimo Sumberesi, Managing Director di Doxa Marketing Advice. “La maggioranza di medici, farmacisti e pazienti è d’accordo su un loro utilizzo più diffuso. Tale propensione favorevole, tuttavia, non si traduce poi in una reale prescrizione o assunzione di questi farmaci. In sostanza, nel passare dalle parole ai fatti, ci si perde nel labirinto della disinformazione, di preconcetti e timori ingiustificati. Le abitudini consolidate stentano a modificarsi, nonostante il nuovo quadro normativo, e si finisce per privilegiare altre tipologie di analgesici con cui si ha maggiore familiarità, anche quando il loro impiego non sarebbe del tutto appropriato, evitando così di dover confutare eventuali pregiudizi sugli oppiacei manifestati dai pazienti. Dagli stessi malati di dolore, però, arriva un’esplicita richiesta di maggiori informazioni su questi farmaci: le figure di consiglio e i media sono dunque importanti, per contrastare fantasie e credenze errate”.
Entrando nel dettaglio della ricerca, scopriamo che il 30% dei pazienti visitati dai medici di famiglia nell’ultimo mese lamenta dolore; nel 66% dei casi, si tratta di una forma cronica. Circa 8 clinici su 10 effettuano personalmente la diagnosi e la prescrizione della terapia ma il fenomeno dell’autocura – confermato anche dai farmacisti – assume dimensioni eclatanti: il 73% dei malati non si rivolge ad alcun medico. Gli analgesici più impiegati? Sempre e comunque FANS: li assume il 95% dei pazienti, li prescrive il generalista al 72% dei suoi assistiti, anche in caso di dolore cronico (1 volta su 2). Per limitare gli effetti collaterali degli antinfiammatori, riferiti dal 20% dei pazienti, si ricorre poi molto spesso ai gastroprotettori, con un evidente aggravio di costi per il SSN.
Gli oppioidi, al contrario, compaiono solo nell’11% delle ricette firmate dal medico di famiglia: all’origine vi sono probabili deficit conoscitivi e una scarsa confidenza con queste opzioni terapeutiche, come dimostra il fatto che il 22% dei generalisti intervistati ammetta di non conoscere o non ricordare alcun marchio di farmaco oppiaceo presente sul mercato. Pesano però anche le resistenze dei pazienti: un ostruzionismo che il curante, forse per mancanza di solide basi, non se la sente di affrontare. Il timore che gli analgesici oppioidi possano indurre dipendenza spaventa il 65% dei malati, il 61% li considera per malattie gravi e il 53% crede che la legge ne consenta l’uso solo in casi particolari.
“L’indagine Doxa evidenzia un uso improprio di analgesici per la gestione del dolore cronico, nonostante a molti siano noti i gravi effetti collaterali che i FANS possono creare, se impiegati per lungo tempo”, dichiara Massimo Allegri, Dirigente Medico Terapia del Dolore, Fondazione IRCCS Policlinico S. Matteo e Università di Pavia. “Recenti dati di letteratura mostrano che l’uso protratto di antinfiammatori possa causare non solo danni gastrici ma anche problemi cardiovascolari. E’ fondamentale che gli oppioidi vengano considerati un valido strumento per la terapia del dolore cronico moderato-severo. I pazienti a volte pensano possano dare dipendenza. In realtà, le evidenze scientifiche dimostrano che, nei soggetti trattati con oppiacei a scopo antalgico, non sembrano attivarsi le medesime aree cerebrali coinvolte nei meccanismi della dipendenza. Oggi, inoltre, vi sono nuovi farmaci e nuove associazioni farmacologiche, come ossicodone e naloxone (antagonista dell’oppioide) che, per le loro proprietà, oltre a ridurre notevolmente la possibilità di abuso, presentano un ulteriore vantaggio: la riduzione della stipsi, un effetto collaterale frequente con altri oppioidi e che può ridurre l’efficacia della terapia”.
Favorevoli a un maggiore impiego di oppiacei, non solo nel dolore oncologico o nelle cure palliative, sono il 64% dei pazienti, il 76% dei farmacisti e il 94% dei medici di famiglia, che in futuro pensano di prescriverne di più (69%). Una tendenza, seppur lieve, confermata anche dai dati di mercato.
“Secondo l’ultimo Rapporto Osmed, il trend del consumo di farmaci dispensati dal SSN tra il 2004 e il 2012 evidenzia un lieve ma costante calo dei FANS e un progressivo aumento degli oppiacei”, dichiara Marco Filippini, Direttore del Centro Studi Mundipharma. “Si va verso un modestissimo miglioramento dell’appropriatezza prescrittiva in ambito dolore; i passi compiuti, però, sono lenti e poco significativi. Gli antinfiammatori continuano a costare molto al sistema sanitario e restano in assoluto i farmaci da banco più acquistati, nonostante gli importanti eventi avversi. Il mercato degli oppioidi, pur supportato dalla Legge 38, quest’anno cresce molto meno e sembra in affanno: da ottobre 2012 a settembre 2013, i dati IMS segnalano +17%, contro un +30% dello stesso periodo nell’anno precedente”.
Il 62% dei pazienti ritiene che gli analgesici oppiacei siano poco diffusi perché ancora non se ne parla abbastanza; il 63% non avrebbe problemi ad assumerli, se fosse il medico a prescriverli. Il ruolo del generalista è dunque essenziale per promuovere la conoscenza e l’accettazione di questi farmaci.
“Nel percepito dei pazienti, il medico di medicina generale rappresenta una figura cui si guarda con fiducia e deve dunque assolvere a una funzione di rassicurazione e consiglio nella scelta della terapia”, commenta Fiorenzo Corti, Responsabile comunicazione nazionale FIMMG. “Se per piccoli disturbi l’automedicazione può essere indicata, per patologie di rilievo come sindromi artrosiche o infiammazioni osteoarticolari, che richiederebbero una valutazione medica approfondita, le cure ‘fai da te’ possono essere rischiose oltre che poco appropriate. Per quanto riguarda in particolare la scarsa prescrizione di farmaci oppioidi, che colloca l’Italia agli ultimi posti rispetto agli altri Paesi europei, andrebbe fatta una riflessione seria. Occorre migliorare l’informazione e la formazione nella ‘real life’ delle cure primarie, coinvolgendo i medici nelle attività formative sul territorio, utilizzando il web e favorendo un cambio di cultura fra gli stessi cittadini. A questo proposito, FIMMG guarda con attenzione alle esperienze di ‘empowerment’ del paziente, partite l’anno scorso in Lombardia nel contesto della sperimentazione CREG”.
“I risultati di questa indagine – conclude Marta Gentili, Presidente dell’Associazione pazienti Vivere senza dolore – mostrano come ci sia assoluta necessità di fare chiarezza tra medici, pazienti e farmacisti sul tema dolore. Quanto emerso è, per certi versi, in contraddizione con quanto accade quotidianamente e con quanto dichiarato nel corso degli ultimi mesi da questi stessi interlocutori. E’ necessario, quindi, che tutte le figure coinvolte nel processo educativo sul tema dolore si comportino responsabilmente, analizzando in maniera corretta lo stato dei fatti ed impegnandosi in maniera propositiva affinché la Legge 38 sia applicata con scrupolo e serietà”.