L’emicrania è donna?
A Cosenza un incontro per sensibilizzare i cittadini su come riconoscere e curare questa patologia invalidante che colpisce soprattutto il sesso femminile
Cosenza, 11 dicembre 2013 – Cos’è l’emicrania, come influisce sulla qualità della vita di chi ne è affetto e a chi è necessario rivolgersi per un consulto. A queste e ad altre domande risponderanno gli specialisti in occasione dell’incontro dal titolo “Emicrania: è problema donna?”, promosso da SISC – Società Italiana per lo Studio delle Cefalee con il supporto non condizionato di Janssen Italia, che si terrà venerdì 13 dicembre alla Casa delle Culture in corso Telesio, a partire dalle ore 15:30.
L’incontro è aperto al pubblico e si propone di fornire informazioni corrette ed esaustive su una patologia, l’emicrania, tanto sottovalutata quanto diffusa: in Italia ne soffrono circa 6 milioni di persone. In Calabria colpisce circa il 12% della popolazione, con una prevalenza nelle donne tra il 12 e il 25%.
“Ci rivolgiamo soprattutto alle donne. – dichiara il Dottor Antonio Siniscalchi, dirigente medico neurologo presso l’Unità operativa di Neurologia dell’Azienda Ospedaliera di Cosenza e Consigliere nazionale della Società Interdisciplinare Neuro Vascolare (Sinv) – E’ dimostrato, infatti, che la cefalea prevale nel sesso femminile con un rapporto di circa 3 a 1 rispetto agli uomini, tanto che l’OMS l’ha inclusa tra le 20 patologie femminili più invalidanti, riconoscendola come una delle malattie croniche più disabilitanti al pari, ad esempio, di psicosi e demenza[1]”.
L’emicrania non è un semplice mal di testa: è una patologia neurologica che si presenta con episodi ricorrenti di dolore alla testa che durano oltre 2 ore consecutive e possono protrarsi fino a 3 giorni. Gli attacchi possono essere molto frequenti e nelle forme croniche la cefalea supera i 15 giorni al mese e può divenire quasi quotidiana. Il dolore, spesso intenso e pulsante, si associa a nausea, vomito, aumento della sensibilità alla luce (foto-fobia) e al suono (fono-fobia) e, in qualche caso, tende ad aggravarsi a seguito dell’attività fisica. Il picco di frequenza della malattia si verifica nella fascia d’età tra i 20 e i 45 anni.
“Studi osservazionali dimostrano che l’emicrania è causata da influssi ormonali che nella donna, in particolare, vengono attribuiti a variazioni nei livelli di estrogeno. Variazioni che, per lo più, si verificano in concomitanza con le principali tappe della vita riproduttiva di una donna (menarca, gravidanza e menopausa): è frequente, infatti, l’associazione emicrania-periodo mestruale; si ha un miglioramento dei sintomi durante la gravidanza, che invece possono peggiorare con l’assunzione di contraccettivi; durante la menopausa in genere si assiste a una generalizzata riduzione dell’emicrania, anche se in rari casi è possibile un aggravamento. Sembra, inoltre, – precisa il neurologo – che alla base dell’insorgenza dell’emicrania vi siano meccanismi pato-fisiologici che alterano il sistema neurovascolare. Nelle donne affette da emicrania con aura e con disordini genetici della coagulazione, ad esempio, è sconsigliato l’uso dei contraccettivi che rappresentano un fattore di rischio per l’insorgenza di ictus ischemici.”
L’emicrania è una ‘malattia sociale’ perché, nei casi più gravi (oltre il 50%), non solo influisce negativamente sulla qualità di vita dei pazienti, ma comporta notevoli costi in termini di calo della produttività lavorativa pari a 1 giorno di lavoro perso ogni 3 mesi (nel 31% dei casi gravi). E’ quindi importante rivolgersi a uno specialista per evitare che la cefalea diventi cronica, con evidenti vantaggi per la salute e la qualità di vita del paziente.
Uno stile di vita salutare è certamente di giovamento ai pazienti con emicrania, mentre l’eccesso di caffè, fumo, stress, digiuni prolungati, sono invece considerati tra i ‘fattori scatenanti’. Ma l’approccio farmacologico è certamente il più efficace perché consente di ridurre la gravità dei sintomi e il dolore correlato agli attacchi di cefalea, evitando che il disturbo si cronicizzi.
“Per quanto riguarda la terapia farmacologica, – prosegue Siniscalchi – oltre ai farmaci per la fase acuta che agiscono riducendo il dolore durante la crisi emicranica, sono oggi disponibili terapie innovative per la profilassi, che si prescrivono solitamente ai pazienti che presentano un’alta frequenza di attacchi o attacchi severi (con sintomi particolarmente gravi) che impediscono il normale svolgimento delle attività quotidiane. Lo scopo non è solo prevenire l’insorgenza degli episodi dolorosi, ma ridurne frequenza e gravità. La scelta fra le diverse proposte farmacologiche non è sempre agevole e dipende, sia dall’entità del disturbo, sintomatologia e esigenze personali del paziente – sia dalle scelte del medico e dal suo aggiornamento specifico”.
“L’educazione e l’aggiornamento dello specialista e del medico di medicina generale non possono che favorire la diagnosi e il trattamento precoce dell’emicrania, ma c’è ancora molto da fare. Si consideri, infatti, che solo il 50% dei pazienti che soffrono di emicrania riceve una corretta diagnosi, e solamente un terzo riceve un trattamento adeguato” conclude Siniscalchi.
Da circa 4-5 anni, è attiva la “Rete Cefalee Calabria” che coinvolge attualmente una decina di Centri per la diagnosi e la cura di questa patologia cronica, a volte sottostimata, ma ad elevato impatto sociale. La capillarità territoriale di questa rete ha l’obiettivo di ridurre l’inappropriatezza della diagnosi e della cura della cefalea, a volte anche associata ad un uso improprio di farmaci.