Modello “stocasico” di sintesi proteica

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Modello “stocasico” di sintesi proteica

Nel processo di sintesi delle proteine esiste una componente “stocastica”, cioè legata al caso, che ne influenza i tempi di realizzazione. Questo aspetto è stato messo sotto esame da due ricercatori della Scuola Internazionale Superiore di Studia Avanzati (SISSA) di Trieste

Trieste, 29 gennaio 2014 – L’espressione genica (cioè l’attivazione funzionale dei geni in una cellula) è un processo fondamentale per la vita. Un passaggio importante di questo processo è la sintesi proteica, il momento in cui i singoli amminoacidi, i “mattoncini” che costituiscono il filamento proteico, vengono infilati l’uno dietro l’altro come le perle di una collana.   In passato questo meccanismo era già stato descritto molto bene, ma sono stati trascurati alcuni aspetti “stocastici”: nella catena di eventi che caratterizzano la sintesi proteica esiste una certa componente casuale, che influenza i tempi in cui la proteina viene assemblata. Un team di ricercatori della SISSA ha studiato questo aspetto, descrivendo il processo di traduzione delle proteine con un modello matematico. La ricerca è stata appena pubblicata sulla rivista scientifica Physical Review E.

In matematica quando si parla di un sistema stocastico, si intende un processo che può avvenire ogni volta con variazioni casuali, che però ruotano intorno a un valore medio. Il sistema può per semplicità essere descritto considerando solo questa media, in maniera cioè “deterministica”, dove la variabile, date le condizioni, può assumere un solo valore preciso. In realtà però – ed è vero per molti processi biologici – la “nuvola di valori” che una variabile può assumere quando il processo viene ripetuto può avere un effetto sull’efficienza del processo.

Un gruppo di scienziati delle SISSA ha analizzato l’aspetto stocastico del processo di traduzione proteica, testandolo con dei modelli al computer. “Abbiamo considerato un aspetto particolare della traduzione, vale a dire la distribuzione dei binding time (BT), il tempo cioè necessario perché un tRNA (che è una molecola in grado di trasportare gli amminoacidi) porti il corretto amminoacido alla ‘matrice’ (mRNA) che ‘stampa’ le proteine secondo un codice preciso”, spiega Pierangelo Lombardo, che ha condotto la ricerca insieme a Luca Caniparoli – entrambi della SISSA. “ Questo tempo non è sempre uguale, ma varia in maniera più o meno casuale”.

“Immaginate di sapere che esiste un valore medio di BT, per esempio 1, che può essere usato convenzionalmente nel descrivere il sistema. Nella realtà dei fatti però ogni volta che osserviamo il processo il valore può essere 1.1, 0.9, 0.7, 1.3 e via dicendo. Il valore che il BT assume di volta in volta varia in maniera stocastica, cioè casuale ma non completamente, perché si distribuisce in una nuvola con una forma precisa intorno alla media”, continua Lombardo. “La forma di questa nuvola non è indifferente, ma ha un effetto sui tempi del processo di sintesi. Quello che è emerso dal nostro studio è che il BT fluttua di più (la nuvola è più spalmata) di quanto si credeva precedentemente, e di conseguenza lo stesso vale per il tempo di traduzione di una proteina”.

“Osservazioni di questo tipo accrescono la conoscenza sui processi di sintesi proteica”, conclude il ricercatore. “Sapere come i tempi di traduzione si accorciano o allungano può essere utile anche per capire in quali condizioni il meccanismo può fallire”.

Più in dettaglio…

L’espressione genica consiste nella costruzione delle proteine (o di altre macromolecole) a partire dall’informazione genetica contenuta nel DNA, e avviene all’interno delle cellule. La matrice originale delle proteine sono i geni, piccole porzioni di DNA contenute nel nucleo cellulare. La sequenza di elementi (nucleotidi) che compongono il DNA contiene l’informazione per costruire le proteine.
Descrivendo il processo dell’espressione genica in maniera molto semplificata, si può dire che innanzi tutto viene fatta una sorta di copia carbone della sequenza codificata nel gene. Questo primo passaggio si chiama “trascrizione”: in pratica una porzione di DNA viene copiata, come un calco, in una piccola molecole di RNA, detta mRNA, ovvero RNA messaggero. Questa porzione viaggia verso le parti della cellula dove avviene il secondo passaggio, cioè la traduzione (o sintesi proteica), con l’aiuto di strutture chiamate ribosomi che “leggono” la sequenza di mRNA e raccolgono il materiale che serve a costruire la proteina.

Le proteine sono infatti composte da lunghe catene di amminoacidi, mattoncini che normalmente si trovano disciolti nel liquido citoplasmatico. Delle piccole molecole di RNA, diverse dall’mRNA, chiamate tRNA, si legano in maniera specifica agli amminoacidi formando delle unità tRNA-amminoacido. Questi complessi vanno poi ad agganciarsi, come i dentini di una cerniera, alla catena di mRNA, uno dopo l’altro nella giusta sequenza di amminoacidi, che si legano l’un l’altro formando così il filamento proteico.

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