L’autosufficienza piena nella produzione di plasma derivati ci potrebbe costare tra i 164 E I 376 mln di euro l’anno.

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Roma, 20 febbraio 2014 – La normativa Europea ha introdotto importanti novità per il Servizio Sanitario Nazionale in tema di produzione di emocomponenti e plasma-derivati: dalla fine del monopolio della lavorazione all’accreditamento delle strutture pubbliche e no-profit. Cambiamenti che potrebbero avere un impatto rilevante sulla governance e l’efficienza del sistema. Il nuovo libro “La raccolta di plasma e il sistema di emocomponenti ed emoderivati in Italia” (Egea) oggetto di un dibattito tra i maggiori esperti del settore durante la presentazione a Roma.

“Il nostro lavoro ha l’obiettivo di analizzare, in una prospettiva comparata internazionale, il sistema plasma, emocomponenti ed emoderivati del SSN (Servizio Sanitario Nazionale)” spiegano Claudio Jommi e Marianna Cavazza, autori della ricerca. In particolare, ci si è focalizzati sull’efficienza complessiva del sistema, nella consapevolezza che, oltre che efficiente, un sistema deve essere efficace, ovvero avere la capacità di soddisfare un bisogno in modo equo (pari accesso per pari bisogno).

Circa la produzione di emoderivati, la maggiore criticità è il disallineamento tra la relativa domanda e l’offerta generata dalla produzione in conto terzi, attualmente in regime di monopolio, con riferimento in particolare ad albumina ed immunoglobulineIl prospettato incremento della produzione in conto terzi, basato sulla plasmaferesi, sostituendo l’attuale ricorso al mercato commerciale, produrrebbe un costo aggiuntivo compreso tra i 164 ed i 376 milioni di euro annui, a seconda, tra gli altri fattori, dei dati di costo di produzione del plasma (cfr. infra). Ciò suggerisce che il ricorso al mercato commerciale per la parte non coperta dalla produzione in conto terzi, come peraltro sta avvenendo nell’attuale contesto, è un soluzione più percorribile ed efficiente.

A questo si aggiunge che la domanda non necessariamente si rivolge agli emoderivati prodotti in conto terzi, generando quindi un ulteriore disallineamento tra domanda ed offerta. Solo nel 2010 sono rimasti in magazzino lotti di Fattori VIII per un valore di 5.800.000 euro (frutto della produzione di 9 regioni). Tale aspetto potrebbe trovare una soluzione, almeno parziale, nell’offerta più ampia di emoderivati prodotti in conto terzi.

Le analisi svolte si sono basate su dati pubblici, di letteratura grigia e scientifica, e di interviste realizzate e registrate a vari interlocutori nazionali e internazionali del sistema sangue. La valutazione di efficienza si è focalizzata su tre criticità: l’organizzazione e l’attività della rete di raccolta di sangue e plasma, e di produzione di emocomponenti; il sistema di produzione e di distribuzione di emoderivati (produzione in conto terzi attualmente in regime monopolistico) da parte del  SSN; il disallineamento tra offerta e domanda di emoderivati, attualmente coperto dal mercato commerciale, ma che si intende superare attraverso un maggiore ricorso alla plasmaferesi e alla produzione in conto terzi.

Con riferimento alla rete di raccolta e di produzione di emocomponenti si sono evidenziatI alcuni elementi critici: “nonostante una progressiva chiusura dei centri di raccolta con meno di 1.000 prelievi all’anno, il processo di consolidamento degli stessi è ancora in corso” illustrano i due autori della ricerca. “Inoltre, per le donazioni in aferesi, gli ultimi dati disponibili evidenziano come la produttività considerata ottimale di 400 prelievi all’anno sia presente solo nel Nord d’Italia, soprattutto grazie al contributo di 4 regioni”.

Nello specifico,  nonostante in Italia negli ultimi vent’anni le strutture di raccolta siano state accorpate con la progressiva eliminazione di quelle con meno di 1.000 prelievi, l’attività di raccolta richiede di essere ancora ulteriormente accentrata per raggiungere dei volumi di produzione economicamente efficienti.Infine, nonostante l’82,5% delle strutture trasfusionali realizzi l’aferesi produttiva, esiste una notevole difformità di tale tecnica sul territorio nazionale che vede in testa Toscana, Friuli e Marche con circa 17 aferesi produttive ogni 1000 abitanti e  fanalino di coda  Sardegna e Campania con 0,6 aferesi ogni 1000 abitanti.

Per quanto a oggi non esistano dati su tutte le strutture nazionali sui costi di produzione di un litro di plasma, cominciano a emergere elementi  interessanti. La recente ricerca condotta da CNS/Università Cattolica su un panel di centri di prelievo appartenenti a regioni non soggette a piani di rientro e pubblicato a livello internazionale, stima un costo pieno medio di produzione di un litro di plasma di circa 330 euro. Una seconda stima diffusa dal CRAT del Veneto risulta superiore a quella dello studio di CNS/Università Cattolica e pari a 510 Euro. Altre realtà europee caratterizzate da margini di miglioramento in termini di efficienza, quale quella francese, mostrano dati di costo inferiori e compresi tra 190 ed i 320 Euro.

 

L’attuale sistema di produzione di plasma ed emocomponenti richiede, quindi, una sostanziale razionalizzazione, che è già di fatto in corso. I diversi soggetti italiani intervistati hanno evidenziato la necessità di rivedere l’organizzazione della rete di raccolta, razionalizzandola e almeno in parte accentrandola, e come l’accreditamento delle strutture possa rappresentare un driver del processo di cambiamento. Alcune regioni hanno già attivato diversi modelli di razionalizzazione dei servizi trasfusionali e riorganizzazione della rete di offerta.

 

Non si tratta, quindi, di smantellare l’attuale sistema, che già soddisfa la domanda di emocomponenti, ma di razionalizzarlo nella componente di produzione di plasma e di mantenere l’attuale concorso dei produttori commerciali al soddisfacimento della domanda di emoderivati.

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