IIT identifica alcune mutazioni genetiche dietro il mancato sviluppo di alcune strutture cerebrali
La mappa genica completa della mutazione del gene β-catenina permetterà l’identificazione dei pazienti affetti da questa sindrome, precedentemente non classificata su basi formali e, quindi, largamente sconosciuta.
Genova, 2 Aprile 2014 – Un gruppo internazionale di ricercatori coordinato dall’Istituto Italiano di Tecnologia (IIT) ha identificato le cause genetiche di alcuni specifici disturbi cognitivi e fisici nell’uomo, i quali sono stati correlati a una nuova sindrome. La scoperta permetterà di approfondire la diffusione della patologia nella popolazione e di investigarla ulteriormente, con lo scopo di dare supporto ai pazienti.
La cura delle disabilità cognitive, pur a fronte degli innumerevoli successi della medicina e della ricerca scientifica moderna, rimane un campo ancora molto complesso e con molte richieste insoddisfatte da parte dei pazienti. Lo studio delle basi genetiche delle patologie è, infatti, un campo di ricerca relativamente recente, legato strettamente agli avanzamenti delle soluzioni tecnologiche a disposizione dei ricercatori, necessarie per potere analizzare le mutazioni che avvengono nel nostro DNA.
Grazie alla collaborazione tra l’Istituto Italiano di Tecnologia – in particolare, il dipartimento Neuroscience and Brain Technologies (NBT) a Genova e il Center for Nanotechnology Innovation (@NEST) a Pisa – e il MRC Harwell di Oxford, la School of Biological Sciences dell’Università di Reading (Inghilterra) e la Radboud University Medical Center di Nijmegen (Olanda), è stato realizzato lo studio “Dominant β-catenin mutations cause intellectual disability with recognizable syndromic features”.
Pubblicato sulla rivista internazionale The Journal of Clinical Investigation, questo importante lavoro descrive l’individuazione di una mutazione specifica della beta-catenina che, nella sua forma dominante, è causa di diversi deficit cognitivi e fisici. Questa proteina è alla base di molte funzioni e, in particolare, in associazione con la caderina, nella creazione delle giunzioni tra cellule. Queste ultime, infatti, sono molto importanti per garantire sia la trasmissione dei segnali nel cervello, sia la crescita dei dendriti, strutture che trasportano verso il corpo del neurone i segnali provenienti da altri neuroni e, quindi, garantiscono la corretta comunicazione delle informazioni.
I ricercatori hanno effettuato due studi paralleli. Da una parte, è stato studiato un gruppo di pazienti affetti dalla mutazione dominante della beta-catenina, che ha portato all’individuazione di deficit cognitivi e fisici comuni e, quindi, alla definizione di una sindrome specifica, con ritardo mentale, difficoltà nel linguaggio, spasticità progressiva degli arti inferiori e deformazioni cranio-facciali, causati dalla mancanza, durante la crescita, dello stabilirsi delle corrette connessioni tra cellule cerebrali. Dall’altra, ha analizzato dei topi geneticamente mutati, per replicare una minore affinità per le caderine associate alla membrana risultante nello stesso deficit delle giunzioni tra cellule. Questo ha permesso di studiare tutti i meccanismi a livello delle strutture cerebrali, impossibile nell’uomo, in relazione alla loro espressione a livello cognitivo e fisico, uguale a quella osservati nei pazienti.
«La descrizione di questa sindrome – dichiara il dott. Valter Tucci, ricercatore nel Dipartimento Neuroscience and Brain Technologies (NBT) dell’Istituto Italiano di Tecnologia e coordinatore dello studio – ha permesso di mettere in relazione l’osservazione degli stessi deficit cognitivi e alterazioni facciali nei topi e nell’uomo, associandoli a una specifica mutazione genica. Questo risultato è molto importante perché permetterà di identificare altri pazienti con la stessa sindrome, cosa impossibile fino ad oggi in quanto, sebbene si conoscessero gli effetti di questa sindrome, non se ne conoscevano le esatte cause genetiche, non potendo stabilire una la correlazione mutazione-disturbi. Non sappiamo se e quanto questa sindrome sia classificabile come rara, né se è possibile intervenire durante lo sviluppo per limitarne gli effetti, ma da oggi si potrà procedere su una strada con solide basi scientifiche per un avanzamento nella ricerca tesa a dare supporto a questi pazienti».