Alzheimer e sangue nuovo: terapia del vampiro potrebbe arrestare demenza

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Alzheimer e sangue nuovo: terapia del vampiro potrebbe arrestare demenza

Esperimenti condotti nei topi svelano che uno o più fattori nel sangue giovane invertono gli effetti dell’invecchiamento

Dopo quella che consente di proteggere la chioma dall’alopecia un’altra “cura del vampiro” promette di rivoluzionare il mondo della medicina. Tre diversi studi pubblicati sulle prestigiose riviste scientifiche Nature Medicine e Science hanno infatti dimostrato che nei topi il sangue di individui giovani contiene fattori che aiutano gli animali più anziani a migliorare molti dei problemi mentali e fisici associati all’invecchiamento. In particolare, gli effetti ringiovanenti riguardano la memoria, la forza muscolare, la resistenza e l’olfatto. Non solo, i risultati ottenuti nelle tre ricerche suggeriscono che il sangue “giovane” potrebbe aiutare a capovolgere letteralmente la progressione del declino cognitivo associato a patologie tipiche dell’invecchiamento, ad esempio l’Alzheimer.alzheimer

Lo studio pubblicato su Nature Medicine, condotto dai ricercatori dell’Università della California di San Francisco e dell’Università di Stanford, ha previsto di collegare fisicamente i sistemi circolatori di topi anziani a quelli di topi più giovani. Il collegamento ha fatto sì che negli animali più anziani comparissero poco alla volta più connessioni fra le cellule cerebrali e che venissero prodotte proteine associate alla capacità del cervello di riorganizzarsi dopo aver acquisito nuove informazioni.

Non solo, gli autori hanno dimostrato che l’iniezione di plasma sanguigno ottenuto da topi giovani migliora la memoria dei topi più anziani, aumentando, ad esempio, la loro capacità di trovare una piattaforma per riposare all’interno di un labirinto acquatico.

Il fatto che scaldare il plasma prima dell’iniezione eliminasse gli effetti osservati ha portato ad ipotizzare che il fattore responsabile di questi benefici fosse una o più proteine, molecole sensibili alle alte temperature. In effetti in uno degli altri due studi, entrambi pubblicati su Science, un gruppo di ricercatori di Harvard ha dimostrato che per ringiovanire i muscoli di topi anziani basta connettere il loro apparato circolatorio a quello di animali giovani o iniettando loro una singola proteina tipica del sangue dei topi più giovani. La proteina in questione è GDF11, già nota agli esperti perché in grado di contrastare la dilatazione cardiaca associata allo scompenso cardiaco; questo nuovo studio porta ora ad associarla alla riparazione del Dna delle cellule staminali di muscoli, al ringiovanimento delle fibre muscolari e dei mitocondri (le “centrali energetiche” della cellula) e all’aumento della forza muscolare e della resistenza nella corsa. Non solo, GDF11 ha effetti ringiovanenti anche sul cervello. “Ciò – ha sottolineato Amy Wagers, fra i responsabili dello studio – significa che questa proteina agisce davvero in modo coordinato su più tessuti”. La scoperta accende quindi la speranza di poter mettere appunto terapie farmacologiche che agiscano su un punto comune a diversi disturbi associati all’invecchiamento, incluse la debolezza muscolare, la degenerazione del sistema muscolare e le malattie cardiache.

Infine, l’ultimo studio, anch’esso condotto all’Università di Harvard, ha analizzato l’effetto di trasfusioni di GDF11 ottenute collegando il sistema circolatorio di un topo giovane con quello di un topo anziano. E’ stato così scoperto che il sangue “giovane” migliora la circolazione nella zona subventricolare – un’area del cervello associata alla percezione degli odori – stimolando così la produzione di nuove cellule nervose e migliorando di conseguenza l’olfatto ridotto dall’invecchiamento. Per di più il miglioramento del flusso del sangue è stato osservato anche nel resto del cervello.

Per ringiovanire bisogna quindi sperare di trovare un donatore di sangue giovane? In realtà Bradley Wise, direttore della Neurobiology of Aging Branch at the National Institute on Aging, frena gli entusiasmi spiegando che è troppo presto per raccomandare trasfusioni di sangue umano per migliorare la salute degli anziani. Secondo l’esperto è probabile che eventuali trattamenti che dovessero essere messi a punto a partire da questi studi si basino su singoli fattori presenti nel sangue o loro analoghi. “La grande domanda – sottolinea Wise – è: quali sono questi fattori?”

Al momento i ricercatori di Harvard pensano di continuare i loro studi su GDF11 per capire se è l’unico elemento responsabili degli effetti ringiovanenti. “Scommetto – commenta Wagers – che sarà più di una proteina a dar conto dell’invecchiamento”.

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