Cancro alla prostata: cani addestrati per ‘fiutarlo’ nelle urine, fino a diagnosticarlo
Scoprire il tumore facendo annusare a cani addestrati le urine dell’uomo. Se la letteratura scientifica aveva già evidenziato la possibilità di affidarsi agli animali per l’individuazione delle neoplasie, oggi si registra un passo avanti importante per l’utilizzo di questa pratica nella rilevazione del cancro della prostata.
L’annuncio viene dal 21esimo Congresso nazionale dell’Auro (Associazione urologi italiani), che si chiude a Roma dopo tre giorni di dibattito tra oltre 500 specialisti.
“L’urina dei malati – ha spiegato Gianluigi Taverna, responsabile del Centro di patologia prostatica dell’Istituto Clinico Humanitas di Rozzano (Milano) – ha un odore particolare, che cani specificatamente addestrati sono in grado di percepire e riconoscere: per questo nel 2012 abbiamo attivato uno studio di ricerca in collaborazione con il Centro militare veterinario di Grosseto (Cemivet), patrocinato dallo Stato Maggiore della Difesa. Nella prima fase, che si è conclusa pochi mesi fa, abbiamo coinvolto 902 persone, suddivise tra sane e affette da cancro della prostata di diversa aggressività. Zoe e Liu, due pastori tedeschi altamente addestrati, hanno annusato pochi millilitri delle loro urine e i risultati sono stati superiori alle aspettative: hanno evidenziato una sensibilità superiore al 98% e una specificità superiore al 96%, dati attualmente inimmaginabili se confrontati alle procedure diagnostiche in uso”.
Le straordinarie capacità dei cani possono quindi “scendere in campo” al servizio della scienza. “L’aiuto di questi animali – ha aggiunto il Colonnello Lorenzo Tidu, Centro militare veterinario dell’Esercito – può essere fondamentale: basti sottolineare che possiedono circa 200 milioni di cellule olfattive rispetto alle 50 degli esseri umani. I cani, precedentemente ammaestrati a riconoscere i campioni di urine dei pazienti affetti da tumore prostatico, hanno dimostrato una spiccata capacità di selezionare i campioni positivi, con un margine di errore trascurabile”.
Una ricerca di grande rilevanza, anche al di là dell’Oceano. “Abbiamo presentato questi risultati – ha sottolineato Taverna – al 109esimo meeting annuale dell’American Urological Association (Aua), che si è svolto a maggio negli Stati Uniti e gli americani hanno presentato questa scoperta come una reale opportunità clinica al servizio di noi specialisti”.
“Negli ospedali è presumibile che non vedremo i cani come ci capita negli aeroporti – ha aggiunto Pierpaolo Graziotti, presidente Auro e responsabile dell’Unità Operativa di Urologia dell’Istituto Humanitas – ma resta la ‘magia’ che animali opportunamente addestrati siano più affidabili di qualsiasi attuale test diagnostico nell’identificare un paziente con neoplasia prostatica”.
Il secondo step della ricerca è già in corso. “Dalla conclusione della prima fase – ha concluso Taverna – è emerso in modo chiaro che i presupposti intuiti 20 anni orsono sono stati confermati. Per tale ragione è attualmente in corso la seconda parte dello studio che si concluderà entro un anno”.