Trapianto autologo: nuove prospettive di cure
Un decreto legge introduce nuove possibilità di cura con la pratica del trapianto autologo-dedicato di staminali provenienti dal sangue cordonale, un tipo di trapianto che ha ormai superato quello eterologo. Diverse le applicazioni nelle malattie, anche quelle genetiche.
La conservazione delle cellule staminali da sangue del cordone ombelicale per uso autologo-dedicato, offre nuove possibilità di cura per diverse malattie.
E’ stato da pochi giorni emanato dal Ministero della Salute un Decreto (G.U. n.137 del 16.06.2014), dedicato a nuove disposizioni in materia di conservazione delle cellule staminali da sangue del cordone ombelicale per uso autologo-dedicato. Una notizia accolta con favore dagli esperti, perché permette di agire su molte più malattie di quelle di cui era possibile fino a oggi.
Grazie al Decreto, si riconosce come il progresso tecnico-scientifico permetta di aggiornare l’elenco delle indicazioni cliniche per le quali è consolidato l’uso per il trapianto di cellule staminali emopoietiche con comprovata documentazione di efficacia. La raccolta di queste cellule avviene con una procedura dedicata di sangue cordonale.
Alle patologie già trattate con il trapianto autologo-dedicato ne sono stata aggiunte ulteriori tre: la Sindrome di Down, la neurofibromatosi di tipo 1 e le immunodeficienze acquisite.
«L’aggiornamento di patologie trattabili con un trapianto autologo-dedicato di staminali provenienti dal sangue del cordone ombelicale – commenta Luana Piroli, Presidente della Fondazione InScientiaFides – mostra l’efficacia di un sentiero che parte dalla ricerca, attraversa la sperimentazione e giunge al traguardo della disponibilità di una terapia accessibile a tutti. Si tratta di tre patologie importanti e gravi, che causano sofferenze e disagi sociali, che oggi hanno un avversario in più per essere combattute. Si conferma anche la validità del trapianto autologo-dedicato, oggi nel mondo prevalente rispetto a quello eterologo».
«Aggiungo due considerazioni: è fondamentale procedere a una razionalizzazione delle procedure di raccolta e della conservazione, affinché questa prospettiva di cura sia accessibile a tutti e in luoghi certi, senza limiti organizzativi di alcun tipo. Siamo molto lontani da questo traguardo – aggiunge Luana Piroli – Infine si accredita sempre più l’importanza di disporre di staminali cordonali proprie, in particolare provenienti dal cordone ombelicale. E’ un’altra sfida che l’Italia non può rimandare, ma è necessario superare gli steccati ideologici per aprirsi ad un dialogo con le strutture private, all’insegna della competenza e della qualità, uscendo da pregiudizi polverosi e produttori di inefficienza».
«La scienza procede a ritmi spediti, bisogna che l’architettura organizzativa si adegui in fretta», conclude la dott.ssa Piroli.