Alzheimer: farmaco anti-diabete ne allevia i sintomi

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Il pioglitazone, un principio attivo contenuto nei farmaci per il diabete di tipo 2, potrebbe contrastare l’insorgenza dell’Alzheimer grazie al potere antinfiammatorio sul sistema nervoso. Gli studi precedenti e l’inizio di una nuova ricerca che durerà cinque anni

Per l’Alzheimer, molto si è fatto e molto si farà. Tuttavia, per ora, pochi sono stati i risultati davvero soddisfacenti. Ma una speranza – per quanto riguarda la riduzione della sintomatologia – arriva da uno studio tedesco condotto su larga scala. E la possibilità sembrano fornirla farmaci già in uso, come quelli contro il diabete. I trattamenti di routine, tra l’altro anche abbastanza economici, infatti, potrebbero alleviare in modo significativi sintomi dell’Alzheimer.
Ma non cantiamo subito vittoria, le conferme arriveranno non prima di ulteriori cinque anni di studi (!).
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Questo non è la prima ricerca che pone una connessione tra una pillola contro il diabete di tipo 2 e malattia di Alzheimer. Chi assumeva un farmaco a base di pioglitazone – così si chiama il principio attivo – aveva infatti molta meno probabilità di sviluppare varie forme di demenza.

Attualmente il farmaco più usato viene conosciuto con il nome di Actos e il suo produttore è il Giapponese Takeda Pharmaceutical Co Ltd.
A conferma dell’associazione farmaco antidiabete/riduzione malattia di Alzheimer è stato condotto un nuovo studio che ha utilizzato i dati di routine dei piani sanitari tedeschi dal 2004 al 2010. Il database in loro possesso conteneva le generalità circa 146.000 pazienti over sessanta che inizialmente non soffrivano di alcuna forma di demenza.
Tredicimila di tali pazienti ha sviluppato la demenza, mentre il rischio di svilupparla era notevolmente ridotto per chi assumeva antidiabetici.

«L’utilizzo di pioglitazone a lungo termine riduce il rischio di incidenza di demenza», afferma Anne Fink, ricercatrice del Centro tedesco per le Malattie Neurodegenerative.
Risultati dello studio sono stati presentati lo scorso lunedì a Copenaghen in occasione della Conferenza Internazionale dell’Associazione Alzheimer.
L’ipotesi di Fink è che il pioglitazone è in grado di prevenire l’Alzheimer grazie al suo potere di riduzione dell’infiammazione a livello cerebrale e del sistema nervoso in generale.
Ovviamente, non esclude che possano essere anche altri effetti intrinsechi del farmaco a permettere che ciò accada.
I ricercatori hanno anche scoperto che le persone che hanno uno scarso controllo dei zuccheri nel sangue hanno molta più probabilità di sviluppare una demenza. Il rischio viene ridotto almeno del 20% nelle persone che assumono farmaci tiazolidinedioni (TZD) simili all’Actos – se paragonati alle persone che assumono della semplici insulina.

E’ anche appena iniziato uno studio in collaborazione con la società privata Zinfandel Pharmaceuticals Inc. che si protrarrà per altri cinque anni al fine di valutare se basse dosi di pioglitazone possono ritardare l’insorgenza del deterioramento cognitivo lieve causato dall’Alzheimer.
Lo studio verrà condotto su persone ancora cognitivamente normali che però presentano variazioni genetiche conosciute per aumentare il rischio di sviluppare la malattia di Azheimer.
Il professor Stephen Brannan di Takeda ipotizza che il pioglitazone sia in grado di arrestare l’Alzheimer migliorando la funzione dei mitocondri, che come sappiamo sono una sorta di produttori di energia cellulare – esclusi i globuli rossi.

«Il cervello richiede un sacco di energia», spiegano i ricercatori; quindi avere mitocondri più efficienti potrebbe migliorare la funzione cerebrale e, di conseguenza, aiutare a evitare la malattia di Alzheimer.
A questo punto, non ci resta altro che attendere i cinque anni di studi per vedere se le varie ipotesi verranno confermate.

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