Mucca pazza: pronto il primo test diagnostico al mondo
A opera di un gruppo di studiosi italo-statunitensi, si basa sull’individuazione nell’urina delle proteine che causano la malattia
Un’analisi delle urine in grado di diagnosticare il morbo della mucca pazza, ovvero l’encefalopatia spongiforme bovina, la variante umana del morbo di Creutzfeldt-Jakob: un gruppo di ricercatori dell’Istituto Neurologico “Carlo Besta” di Milano e della University of Texas Medical School (Usa) ha sviluppato il primo test al mondo in grado di diagnosticare questa malattia mediante una semplice analisi delle urine volta a individuare la presenza dei prioni, ovvero delle proteine alterate che provocano la malattia. Il nuovo test è semplice da effettuare e non invasivo: un importante passo in avanti nella diangosi di questa patologia dal momento che, fino a oggi, era possibile effettuarla solo dopo la morte del paziente analizzando un campione di tessuto cerebrale.
L’innovativo test, di cui si legge sul New England Journal of Medicine, potrà essere utilizzato in futuro anche per la diagnosi precoce di altre malattie neurodegenerative come l’Alzheimer, il Parkinson e le demenze frontotemporali: “Questa tecnica – spiega Fabrizio Tagliavini, direttore del Dipartimento di malattie neurodegenerative dell’Istituto Neurologico ‘Carlo Besta’ – potrà entrare a breve nella routine diagnostica, dopo la procedura di validazione comune a tutte le nuove tecnologie.
La sua importanza è legata anche al fatto che il suo utilizzo non sarà limitato solo alla variante umana della malattia di Creutzfeldt-Jakob ma potrebbe essere esteso ad altre malattie neurodegenerative quali la malattia di Alzheimer, la malattia di Parkinson o le demenze frontotemporali, attraverso la dimostrazione di marcatori specifici in tessuti periferici e liquidi biologici facilmente accessibili. Questo consentirebbe una diagnosi precoce e l’avvio di terapie (quando disponibili) nelle fasi iniziali della patologia, quando i sintomi non sono tali da permettere l’inquadramento diagnostico del paziente e i danni del cervello non sono ancora gravi e irreversibili”.