Sclerosi multipla e il futuro nelle cellule staminali

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Nel convegno mondiale Acrtims-Ectrims che si sta tenendo in questi giorni a Boston presentate le nuove prospettive nella cura della malattia. L’obiettivo è fermarla e riparare i danni per coloro che ne sono già affetti. Il ruolo fondamentale degli esperti italiani.

Fermare la malattia e ripararne i danni. E’ questo l’ambizioso obbiettivo dell’utilizzo delle cellule staminali nel trattamento della sclerosi multipla. Un approccio che oggi sembrerebbe essere meno lontano. A confermarlo sono i dati presentati al congresso Actrims-Ectrims in corso a Boston, l’appuntamento mondiale dedicato alle nuove frontiere nella cura della sclerosi multipla.sclerosi_multipla

L’Italia, in questo caso, la fa da padrone. Da un lato sono stati presentati i primi confortanti dati dell’utilizzo di cellule mesenchimali ad opera dell’italiano Antonio Uccelli dell’Università di Genova, dall’altro Stefano Pluchino, della University of Cambridge, è riuscito nell’impresa di ottenere -con un innovativo metodo- delle staminali neurali capaci di curare con successo la malattia in modello animale.

La malattia

La sclerosi multipla è una patologia neurologica che causa la progressiva perdita del controllo muscolare. Al mondo ne soffrono quasi 2 milioni e mezzo di persone, oltre 70 mila nella sola Italia. Principale indiziato nell’insorgenza della sclerosi è il sistema immunitario che, per ragioni ancora da chiarire, viene iper-attivato causando la distruzione della mielina, quella sostanza che isola le cellule nervose e che consente la corretta conduzione degli impulsi. Si calcola che nei nervi danneggiati la velocità di propagazione dell’impulso elettrico sia 100 volte inferiore rispetto alla norma.

Le cure attuali

Ad oggi la strategia principale nel trattamento della malattia è la somministrazione di farmaci capaci di interferire con il sistema immunitario. Di passi avanti ne sono stati fatti molti. Se negli Anni 90 le uniche terapie consistevano nell’alleviare i sintomi, oggi sono a disposizione diverse molecole capaci rallentare in maniera significativa l’evoluzione della malattia. Purtroppo però si tratta di molecole che hanno scarsi effetti nelle fasi tardive della malattia. Ma soprattutto, dato da non trascurare, non sono in grado di riparare il danno.

Il ruolo delle staminali mesenchimali

Ecco perché, un approccio tramite cellule staminali, potrebbe essere la soluzione alla malattia. Con esse infatti la speranza è quella di fermare la sclerosi multipla e, al tempo stesso, riparare i danni da essa causata. Anche se è prematuro parlare di cura gli ultimi dati presentati a Boston fanno davvero ben sperare. E’ questo il caso dello studio Mesems coordinato dal neurologo Antonio Uccelli. I dati finora raccolti suggeriscono che il trattamento con cellule staminali mesenchimali è sicuro e privo, al momento, di effetti collaterali. «Il risultato promettente è che al momento nessuna delle 27 persone che hanno ricevuto infusioni ha denotato eventi avversi significativi. Ciò significa che il trattamento sembrerebbe essere sicuro. Ovviamente è necessaria prudenza e per avere un dato definitivo su sicurezza ed efficacia della terapia bisognerà attendere la fine dello studio, nel 2016. Certamente però gli studi preliminari su modelli animali ci fanno ritenere senza ombra di dubbio che le staminali mesenchimali possono bloccare l’infiammazione del sistema nervoso centrale» spiega Uccelli.

Prospettive future

Ma le novità non finiscono qui. Se per le mesenchimali i risultati confermano che siamo sulla buona strada, l’utilizzo di staminali neurali -cellule precursori dei neuroni- potrebbe addirittura portare ad una riparazione dei danni causati dalla malattia. A confermarlo sono alcuni dati presentati dal team di ricerca del professor Stefano Pluchino, talento italiano ora da qualche anno in Inghilterra. Utilizzando staminali neurali, ottenute grazie ad un’innovativa metodica, i suoi ricercatori sono riusciti a curare con successo alcuni topi affetti dalla malattia. L’utilizzo di queste cellule, nella pratica clinica, è sempre stato rallentato a causa di problemi legati alla disponibilità e al fenomeno del rigetto. Per evitare questo problema è stata messa a punto una tecnica – che ha fruttato il Nobel 2013- per ottenere staminali neurali a partire dalle cellule del malato. Purtroppo però, quando si passa in un particolare stato chiamato di “pluripotenza” queste cellule possono diventare pericolose e crescere in maniera incontrollata. E’ questo il vero limite al loro utilizzo.

«Grazie allo sviluppo di una nuova tecnica di riprogrammazione cellulare, che di fatto è un’evoluzione di quella sviluppata dai Nobel, siamo riusciti nell’impresa di eliminare questo passaggio pericoloso e ottenere staminali neurali a partire da cellule della pelle del paziente. Ecco perché, superato l’ostacolo, è ragionevole pensare nei prossimi 5 anni di avviare la prima sperimentazione nell’uomo» spiega Pluchino. Se i risultati ottenuti nei topi venissero confermati saremmo di fronte ad una novità senza precedenti: fermare la malattia e, al tempo stesso, rigenerare i tessuti danneggiati.

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