Cannabis Terapeutica: efficace nella Sclerosi Multipla nel 55% dei casi
La comunita’ scientifica e’ in grado di esporre studi sistematici che permettono di valutare meglio l’impatto dei cannabinoidi nel trattamento terapeutico della sclerosi multipla. La terapia evidenzia un’efficacia anche migliore di quanto riscontrato in sperimentazioni cliniche.
“In Italia e’ d’impatto la percentuale dei benefici ottenuti in particolare dai pazienti spastici: il 50-55% dei pazienti nel nostro Paese, circa il 15% in piu’ della media internazionale”, spiega il professor Giancarlo Comi, direttore del dipartimento neurologico e istituto di Neurologia sperimentale dell’Universita’ Vita-Salute all’Ospedale San Raffaele di Milano. Questa e altre novita’ nel campo della neurologia sono state accennate questa mattina al Circolo della Stampa a Milano, in vista del 45* congresso nazionale della Sin, che si terra’ a Cagliari dall’11 al 14 ottobre. Gran parte delle innovazioni dell’ultimo anno riguardano l’aspetto della prevenzione, come hanno spiegato i medici specializzati nelle diverse branche della disciplina. “Le malattie neurologiche sono in costante aumento – ha esordito Aldo Quattrone, presidente della Sin – soprattutto a causa dell’invecchiamento della popolazione. In Italia la demenza colpisce 1 milione di persone, di cui 600mila affetti dall’alzheimer; 200mila con il morbo di Parkinson, 930 mila sono le persone con conseguenze invalidanti dell’ictus (250mila nuovi casi all’anno); 60mila circa i malati di sclerosi multipla (1 caso ogni mille)”. Antonio Uccelli, direttore del centro di eccellenza per la Ricerca biomedica (Cebr) dell’ Universita’ di Genova e responsabile del centro per la Ricerca e la Cura della Sclerosi multipla, spiega che “da quest’anno viene per la prima volta sperimentato l’uso di cellule staminali mesenchimali, sulla base di evidenze che fanno supporre che tali cellule possano spegnere il processo che danneggia il sistema nervoso centrale, rilasciare molecole utili alla sopravvivenza e, possibilmente, alla riparazione del tessuto danneggiato”.
Il professore Umberto Aguglia, coordinatore del gruppo di Studio Epilessie Sin e docente di Neurologia all’Universita’ Magna Graecia di Catanzaro ha analizzato la stato dell’arte nella sua disciplina: “Da un lato lo studio genetico del dna ci permette di individuare marcatori di farmacoresistenza e di suscettibilita’ per le cosiddette “epilessie complesse”, dall’altro, tecniche avanzate di analisi integrata di segnali neurofisiologici e di imaging hanno permesso la sperimentazione di avveniristici sistemi intracranici (chip che si inseriscono in prossimita’ dell’area del cervello), in grado di visualizzare con molta precisione l’area del cervello da cui partono le scariche epilettiche, riconoscere precocemente le crisi e bloccarne l’insorgenza”. Sull’alzheimer, il professor Carlo Ferrarese, direttore scientifico del centro di Neuroscienze dell’Universita’ di Milano-Bicocca, si sofferma sulle nuove possibilita’ diagnostiche. “Possiamo intervenire addirittura in fase prodromica, all’insorgere dei primi sintomi, cioe’, ma in assenza di demenza conclamata. Attualmente sono in sperimentazione alcune strategie terapeutiche da attuare in fase precoce che potrebbero modificare il decorso della malattia. Agendo sulla proteina beta-amiloide, che si deposita nel cervello anni prima dell’esordio della malattia, le terapie possono bloccarne l’accumulo, inibendone la produzione o rimuovendola con anticorpi”. Sul versante dell’ictus celebrale, il professor Domenico Inzitari, direttore della Stroke Unit dell’azienda aspedaliero-universitaria Careggi di Firenze, spiega che sono entrate in vigore le linee guida che estendono la trombolisi ai pazienti ultraottantenni. “Cio’ portera’ il numero dei pazienti ‘aventi diritto’ da 10mila a 14mila l’anno. Attualmente, in Italia vengono effettuate 3.600 trombolisi endovenose l’anno, numero ben al di sotto di quello dei pazienti reali, anche a causa del fatto che le unita’ ictus non sono diffuse capillarmente”. A colmare il gap, la telemedicina, attraverso la quale un neurologo vascolare del centro ictus di un ospedale di riferimento (hub), puo’ fornire in tempo reale la propria consulenza a un pronto soccorso periferico, effettuando esami a distanza e servendosi anche di telecamere ad alta definizione.”
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