Tumore al seno: occhio all’assunzione degli zuccheri in menopausa

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Per gli studiosi dell’Albert Einstein College of Medicine di New York i picchi di insulina aumentano dell’84% il rischio di sviluppare neoplasie nelle donne mature

L’indicazione dei medici è chiara: con un peso forma anche il rischio di sviluppare un tumore sarà più basso. Nello specifico, però, più dei chili di troppo farebbero gli zuccheri in eccesso e i successivi picchi di insulina.brest_cancer Uno squilibrio metabolico che, secondo Howard Strickler, professore di epidemiologia all’Albert Einstein College of Medicine di New York, «è alla base di un aumentato rischio dell’84% di sviluppare il tumore al seno, nelle donne già in menopausa»: fase della vita di norma considerata già più a rischio. Un dato che non sembrerebbe viaggiare a braccetto coi chili di troppo, bensì con l’errata regolazione dei livelli di insulina.

La stessa evidenza, infatti, emergerebbe osservando le donne magre che mostrano squilibri nei livelli dell’ormone responsabile della captazione degli zuccheri da parte dei tessuti periferici.

Queste statistiche evidenziano un ruolo del meccanismo di resistenza all’insulina nell’insorgenza del tumore al seno, il più diffuso tra le donne: cinquantamila le nuove diagnosi annue in Italia. A confermarlo è uno studio pubblicato su Cancer Research, rivista ufficiale dell’Associazione Americana per la Ricerca sul Cancro. Il team guidato da Marc Gunter, epidemiologo all’Imperial College di Londra, ha analizzato i dati tratti da 3327 donne non diabetiche iscritte nel registro del Women Health Initiative, uno studio a lungo termine che mira a studiare le cause più comuni di morte, invalidità e scarsa qualità di vita nelle donne (50-79 anni) già entrate in menopausa.

All’interno di questo campione – monitorato attraverso il peso, l’altezza e i livelli di insulina nel sangue a digiuno – 497 signore hanno ricevuto una diagnosi di tumore al seno nell’arco di – in media – 8,2 anni di monitoraggio. Dopo aver valutato l’eventuale sovrappeso (attraverso la misurazione dell’indice di massa corporea) e lo stato di salute metabolica (insulina a digiuno e rilevazione dell’indice Homa), gli autori della ricerca hanno scoperto che le donne che avevano chili in eccesso e non risultavano in grado di rispondere al segnale innescato dall’ormone, avevano un rischio molto più alto di sviluppare la neoplasia rispetto alle coetanee in sovrappeso, ma rispondenti all’insulina. Il riscontro ha trovato conferma nella comparazione dei livelli di rischio delle donne normopeso: chi non era in grado di captare gli zuccheri circolanti, aveva una probabilità doppia di sviluppare il tumore della mammella.

Il dato evidenzia come l’aumentato rischio potrebbe non essere imputabile genericamente al peso , ma all’azione irregolare dell’insulina. La condizione è più diffusa negli obesi, ma sempre più di frequente la resistenza all’insulina emerge in persone all’apparenza in forma, ma che covano uno squilibrio riconducibile alla sindrome metabolica. «Si tratta di una patologia caratterizzata dall’aumento della circonferenza addominale (più di 88 nelle donne, più di 96 nell’uomo), dall’ipertensione arteriosa, dall’elevata concentrazione di trigliceridi nel sangue (più di 150 milligrammi per decilitro), da bassi livelli di colesterolo “buono” Hdl (45 e 50 i valori “soglia”, per uomo e donna) e dall’aumento della glicemia a digiuno (oltre 100) – spiega Antonio Moschetta, docente di medicina interna all’Università degli Studi di Bari -. Si fa una diagnosi quando sono presenti almeno tre di queste caratteristiche. La sindrome metabolica aumenta il rischio di cancro: più alta è la circonferenza addominale, più probabilità ci sono che le cellule dei muscoli e del fegato non “rispondano” all’insulina. In queste condizioni un tumore trova terreno fertile per prolificare».

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