PMA e diagnosi genetica pre-impianto per individuare oltre 10.000 patologie genetiche ereditarie e ridurre il tasso di aborti spontanei. Nel 2014 attrezzato 1 centro su 5
Presentati a Roma i dati del primo censimento nazionale sui centri di PMA attrezzati
per effettuare la diagnosi genetica pre–impianto in Italia
Nel 2014 attrezzato 1 centro su 5 e circa 2000 le coppie fertili ancora escluse per un divieto imposto dalla legge 40
Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità sono oltre 10.000 le malattie genetiche ereditarie diagnosticabili grazie a questa sofisticata tecnica di laboratorio
Roma, 13 Febbraio 2015 – Nel 2014 solo il 17.7% dei Centri di Procreazione Medicalmente Assistita (PMA) in Italia è stato in grado di offrire la diagnosi genetica pre-impianto alle proprie pazienti, di contro, e a dimostrazione dell’importanza di questa tecnologia nella PMA, altri centri si stanno ora attrezzando.
È quanto è emerso dai dati dell’indagine nazionale promossa dal Centro di PMA GENERA, diretto dal Dr. Filippo Maria Ubaldi in collaborazione con BIOROMA e presentata durante l’evento da loro organizzato dal titolo “The new era of PGS application in art” (Roma, 13-14 Febbraio). In occasione dell’evento alcuni tra i massimi esperti di PMA, nazionali ed internazionali, si sono confrontati sulle potenzialità, sull’efficacia e sulla sicurezza delle due più attuali tecniche di diagnosi genetica pre-impianto: PGD (Preimplantation Genetic Diagnosis) e PGS (Preimplantation Genetic Screening).
La prima, in grado di individuare la presenza di malattie genetiche ereditarie, la seconda, di identificare la presenza di alterazioni cromosomiche nelle donne in età materna avanzata, ed entrambe effettuate sull’embrione prodotto in vitro nei cicli di fecondazione assistita.
Il censimento ha raccolto i dati provenienti da 112 dei 189 centri di PMA di II e di III livello dislocati sul territorio (pubblici, privati e privati convenzionati), sulla base delle possibilità per le coppie di accedere ad un servizio di diagnosi genetica pre-impianto (PGD/PGS) e del numero di trattamenti effettuati presso il medesimo Centro.
Fortissima la prevalenza di centri nel Lazio; sostenuta la crescita in Emilia Romagna, Toscana, Sardegna e Veneto. Quattro risultano i centri che hanno attivato il servizio nel 2015.
“I dati emersi dall’indagine ci confermano che l’Italia si sta muovendo nella direzione giusta e in linea con gli altri paesi europei – ha commentato durante la presentazione dell’indagine, Laura Rienzi, embriologa e direttore del laboratorio del centro GENERA. “Positivo anche il dato relativo all’equa distribuzione sul territorio nazionale dei centri di PMA che hanno effettuato nel 2014 tali sofisticate indagini genetiche, ovvero 6 al nord, 8 al centro e 6 al sud ed isole, per un totale, quindi di 20 centri. Tuttavia – ha precisato l’esperta – tenuto conto che l’Italia è il primo paese in Europa per numero di centri di PMA, ci auguriamo che il dato del 17,7%, ovvero di 1 centro su 5, sia destinato ad aumentare velocemente e il fatto che dall’inizio del 2015 siano stati già 4 i centri che si sono attrezzati in tal senso, ci fa ben sperare che in molti abbiano compreso l’enorme potenzialità di tale tecnica”.
Diagnosi genetica pre-impianto (PGD) per scoprire 10 mila malattie genetiche
Circa 2000 le coppie a rischio
La PGD è una procedura assolutamente sicura per l’embrione, che precede il suo impianto in utero e che permette di identificare la presenza di malattie ereditarie in fasi molto precoci dello sviluppo, quando l’embrione è ancora allo stadio di blastocisti, ovvero 5 o 6 giorni dopo la fecondazione. Fibrosi cistica, talassemia, atrofia muscolare spinale, distrofia miotonica, neurofibromatosi, distrofia muscolare di Duchenne-Becker, emofilia A o B, sindrome dell’X-Fragile, sono solo alcune delle oltre 10.000 patologie genetiche che è possibile diagnosticare grazie alla diagnosi genetica pre-impianto (PGD).
“Oltre il 95% di queste patologie non ha una cura specifica – ha reso noto Antonio Capalbo Genetista Direttore del Laboratorio GENETYX – nonostante individualmente siano molto rare, hanno una prevalenza totale stimata intorno all’1% nella popolazione generale”. “Ogni persona – ha aggiunto l’esperto – è in media portatore sano, in genere asintomatico, di circa 2.8 mutazioni genetiche e, spesso, quando si incontrano due portatori della stessa mutazione, cosa più frequente nelle isole, i figli che ne nascono possono essere affetti da malattie congenite, mortalità precoce, ritardo mentale e disabilità permanenti”.
Ad oggi, in base alla legge 40 sulla PMA, la PGD è accessibile solo a chi effettua una procreazione medicalmente assistita in quanto infertile, mentre non è accessibile a chi è fertile ma potenzialmente portatore di malattie ereditarie: secondo le stime sarebbero circa 2000 in Italia le coppie attualmenteescluse da questa tecnica.
Il rischio di aborto spontaneo in donne con un’età media superiore ai 36 anni abbattuto al di sotto del 10% per concepimento grazie al contributo della PGS
La PGS è una tecnica diagnostica mirata all’identificazione di embrioni con un corredo cromosomico normale tra quelli prodotti nel corso di un trattamento di PMA e che mira ad ottenere un incremento dell’efficienza di ciascun singolo trattamento. I benefici che ne derivano riguardano la possibilità di evitare il transfer di embrioni con anomalie responsabili di fallimenti di impianto, aborti spontanei e sindromi cromosomiche nel nascituro (es: sindrome di Down, sindrome di Edward, sindrome di Patau).
Questa tipologia di screening è indicata per le donne over 35 (l’età media delle donne che accedono alla PMA è di 36 anni e il 30% sono over 40), “fascia d’età nella quale, ha aggiunto il dott. Mauro Schimberni – aumenta notevolmente il tasso di frequenza di anomalie cromosomiche negli embrioni: infatti all’età di 27 anni 1 gravidanza su 450 dà esito ad un bambino con anomalie cromosomiche, a 35 anni è 1 caso su 200, fino ad arrivare ad 1 caso su 60 per le quarantenni e ad un’allarmante 1 su 20 all’età di 45” (Fonte: www.sindrome-down.it) “La PGS – ha concluso l’esperto – è inoltre indicata per le coppie con alle spalle più di 3 aborti spontanei e ripetuti fallimenti di impianto in cicli di PMA precedenti”.
Inoltre, secondo l’analisi condotta dal registro PMA dell’Istituto Superiore di Sanità in merito ai cicli di fecondazione assistita, il tasso di aborto spontaneo nella PMA con un’età media di 36,3 anni è del 21,1% e raggiunge picchi superiori al 51% in donne con più di 42 anni, mentre il tasso di gravidanza gemellare si attesta al 20,2% e quello di gravidanza trigemina e quadrupla al 2,3%.
“L’individuazione di embrioni con un corretto numero di cromosomi (euploidi) consente di eliminare il contributo genetico sui fallimenti di impianto, al punto che un embrione euploide su due esita in una gravidanza a termine, indipendentemente dall’età della donna” ha quindi spiegato Laura Rienzi “e tale evidenza consente il trasferimento di un singolo embrione anche in pazienti di età avanzata, abbattendo il rischio di gemellarità e di plurigemellarità (in uno studio presentato dal gruppo GENERA si passa dal 21% al 7%), da sempre importante complicanza della PMA”.
La PGS, ancora oggetto di discussione sul territorio nazionale, è sfruttata da tempo in USA con risultati sorprendenti che stanno trovando conferma nei centri italiani ed europei che l’hanno adottata con successo nella loro pratica clinica.
Legge 40: attesa per aprile la sentenza della Consulta rispetto al divieto di diagnosi pre-impianto per le coppie fertili
Si stima che siano circa 2000 le coppie fertili in Italia portatrici di una patologia genetica, a cui attualmente, la Legge 40 vieterebbe l’accesso alla PMA e con essa alla diagnosi genetica pre-impianto: il divieto si traduce nella negazione del diritto di accedere ad un trattamento grazie al quale poter scongiurare la trasmissione di una patologia genetica ai propri figli anche se in presenza di un elevato rischio dimostrato da precedenti aborti o da figli nati affetti. “Eppure -spiega Filippo Maria Ubaldi – si tratta di un esame pre-impianto, non invasivo per la donna e sicuro per l’embrione, che serve ad escludere dal trasferimento l’embrione di cui sia stata accertata l’anomalia grave. La comunità scientifica – ha concluso l’esperto – attende con molta fiducia la sentenza della Corte Costituzionale, con la quale potrebbe cadere un altro pezzo della legge 40: intanto, allo stato attuale, sta di fatto che le coppie fertili, portatrici di una patologia genetica, hanno come unica scelta quella di ricorrere ad un eventuale aborto terapeutico, in alternativa ad un’adozione o all’effettuare una diagnosi genetica pre-impianto all’estero”.