Anziani, una risorsa per il Paese: più attenzione alla vaccinazione!
Influenza, polmonite da pneumococco e herpes zoster tra le priorità da gestire grazie alla prevenzione
Roma, 14 aprile 2015 – Anziano a chi? A oltre 1 Italiano su 5, vale a dire il 21% della popolazione. Con 6 milioni di 65-74enni (10,6% della popolazione), più di 4 milioni di 75-84enni (7,6% della popolazione), oltre 1 milione e 700mila di ultra 85enni e circa 16.500 ultracentenari, quasi triplicati negli ultimi 10 anni, l’Italia risulta essere il Paese “più vecchio del mondo”, insieme a Germania e Giappone. Ma invecchiare non basta, è necessario agire per permettere all’individuo di godere della propria vecchiaia in modo pieno e consapevole.
A partire dalla prevenzione di quei fattori, ivi comprese le malattie infettive, che possono far precipitare la condizione di fragilità dell’anziano. Di questo si è discusso oggi al Ministero della Salute, nell’ambito del convegno “La longevità nasce dalla prevenzione. Il contributo della vaccinazione per la salute dell’anziano”, promosso da Italia Longeva, la rete nazionale di ricerca sull’invecchiamento e la longevità attiva, istituita dal Ministero della Salute con la Regione Marche e l’IRCCS INRCA – Istituto Nazionale Ricerca e Cura Anziani.
L’età rappresenta di per sé fattore di rischio, per via del fisiologico declino delle funzioni di difesa del sistema immunitario, oltre ad associarsi inevitabilmente a un aumento delle comorbidità. “Esistono semplici regole di vita quotidiana, dal prestare attenzione allo stile di vita, ad avere uno scopo e mantenere una rete sociale, che insieme a un altro importante strumento, la prevenzione, possono garantire anni di buona salute, vita attiva e rapporti umani gratificanti. In particolare, vaccinare significa prevenire o ridurre ad un minimo costo la presenza di condizioni croniche, di alto impatto sulla mortalità e sulla qualità di vita dell’anziano”, ha dichiarato Roberto Bernabei, Presidente di Italia Longeva.
In Italia l’influenza è ancora oggi la terza causa di morte per patologia infettiva dopo AIDS e tubercolosi. Ogni anno vengono colpite in media 4 milioni di persone. Negli anziani la malattia può causare complicanze tali da rendere necessario il ricovero ospedaliero, portare alla perdita dell’autosufficienza e, in casi estremi, alla morte. Sono circa 8.000 all’anno i decessi correlabili all’influenza, di cui l’80% è rappresentato da anziani. Alti tassi di mortalità si registrano anche per la polmonite pneumococcica, causa del 2% dei ricoveri ospedalieri con degenza superiore ai 10 giorni in Europa. Secondo i dati Istat, nel 2012 in Italia sono morte oltre 9.200 persone con più di 65 anni a causa dell’infezione; oltre 100.000 sono stati gli anziani dimessi per polmonite in seguito a ricovero ospedaliero. Anche l’herpes zoster, alias “Fuoco di Sant’Antonio”, è una patologia ad alto impatto sulla popolazione anziana. È destinata a soffrirne nel corso della propria vita circa 1 persona su 4, in 2 casi su 3 dopo i 50 anni. L’infezione, causata dalla riattivazione del virus della varicella contratto da bambini, colpisce ogni anno oltre1,7 milioni di persone in Europa, circa 157.000 in Italia.
Il 20-25% dei pazienti over 50 sviluppa inoltre la sua complicanza più temibile, la nevralgia post-erpetica, un dolore neuropatico talmente forte e che può perdurare per anni, tale da impedire il proseguimento di una vita normale.
Secondo un’indagine realizzata dal Censis, la popolazione anziana ha una conoscenza piuttosto imprecisa delle vaccinazioni come strumento di prevenzione di molte malattie, di cui proprio l’età avanzata rappresenta un fattore di rischio. Dagli ultimi dati disponibili per la stagione antinfluenzale 2013-2014, risulta infatti che solo il 55,4% della popolazione di età pari o superiore a 65 anni si è vaccinata, realizzando un tasso di copertura ben al di sotto degli obiettivi di sanità pubblica indicati da OMS e Consiglio Europeo, che sono del 75% come soglia minima e del 95% come soglia ottimale. Gli anziani sono poco interessati anche ad altre vaccinazioni, ugualmente importanti, come ad esempio quella contro la polmonite da pneumococco (lo è soltanto 1 su 3). La scelta di vaccinarsi viene piuttosto presa di volta in volta e sulla scelta pesano diversi fattori tra cui la percezione del rischio e il livello di informazione. “Il problema principale è proprio la percezione del rischio – ha affermato Ketty Vaccaro, Responsabile del settore Welfare e Salute del Censis. Se l’età è quasi un fattore soggettivo e l’informazione è spesso insufficiente, se non confusa e contraddittoria, sono il consiglio del medico curante (per il 45,1% del campione) e la familiarità con questa forma di prevenzione acquisita tramite la vaccinazione contro l’influenza, i fattori in grado di incidere sull’interesse e lo sviluppo della vaccinazione tra gli anziani”.
“La vaccinazione rimane lo strumento più efficace per la prevenzione delle malattie infettive. È pertanto importante combattere le resistenze ideologiche e fare corretta informazione ai cittadini, sottolineando che la vaccinazione rappresenta una risorsa, non una minaccia, che contribuisce a guadagnare anni in buona salute. I malintesi comunicativi concorrono a determinare un calo delle vaccinazioni, osservabile ad esempio nel caso della vaccinazione anti-influenzale, mai così bassa come negli ultimi anni (-20-30%)”, ha dichiarato Walter Ricciardi, Professore di Igiene dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma.
“Nonostante il peso delle malattie infettive sulla popolazione anziana, la vaccinazione per questo target non è considerata un intervento sanitario di routine e risulta fortemente sottoutilizzata. Basti pensare che nel Piano Nazionale di Prevenzione Vaccinale 2014, a fronte di un’offerta articolata per l’infanzia e l’adolescenza, vi è un’unica vaccinazione, quella anti-influenzale, raccomandata per gli ultra 65enni”, ha aggiunto Bernabei.
“L’invecchiamento rappresenta anche una sfida economica che le società si trovano a dover fronteggiare oggi. In aggiunta all’impatto sociale e sanitario, si devono infatti considerare i costi legati alla mancata vaccinazione, sia diretti (farmaci, ospedalizzazioni), che indiretti (assenteismo e perdita di produttività), ma anche quelli intangibili (sofferenza, dolore, riduzione della qualità di vita). Senza considerare che promuovere un invecchiamento attivo e in salute significa anche proteggere la fascia di popolazione che detiene la maggior quota di ricchezza nel nostro Paese”, ha dichiarato Francesco Mennini, Professore di Economia Sanitaria dell’Università di Roma “Tor Vergata”. Gli over 70 detengono infatti oltre il 34% della ricchezza familiare totale in Italia, rappresentando una risorsa per il sistema Paese, che si fa carico di proprie politiche di welfare a carico di figli e nipoti, oltre che di se stessi. “Con coperture vaccinali più alte o con un abbassamento della soglia d’età da 65 a 60 anni, si potrebbero risparmiare centinaia di milioni di euro all’anno. Raggiungendo, ad esempio, un tasso di copertura vaccinale per l’influenza del 75%, è stato stimato che in Europa si potrebbero risparmiare 35.000 vite e 438 milioni di euro ogni anno”, ha concluso Mennini.