Atassia di Friedrich, al via sperimentazione con interferone gamma
Parere favorevole dell’AIFA, 12 pazienti coinvolti. Lo studio clinico presso l’IRCCS Medea di Conegliano.
Si manifesta in adolescenti con movimenti goffi, frequenti cadute e con problemi nel linguaggio: è l’atassia di Friedreich, una malattia genetica che si svela generalmente tra i 10 e i 20 anni e colpisce una persona su 25 mila. Dovuta alla degenerazione del midollo spinale e del cervelletto (il centro di controllo del movimento), provoca mancanza di coordinazione dei movimenti. Le prime manifestazioni comprendono difficoltà nell’equilibrio e nella coordinazione motoria, che possono rendere difficoltoso scrivere, mangiare, fino ad arrivare, con il passare del tempo, all’uso di una sedia a rotelle. Altre manifestazioni comuni sono i problemi al cuore, che spesso impediscono ai pazienti di arrivare alla vecchiaia per il sopraggiungere di insufficienza cardiaca.
I sintomi sono dovuti alla mancanza di una proteina, la fratassina, importante nel metabolismo del ferro e nella funzionalità di cellule con alte richieste energetiche quali le cellule nervose e cardiache.
Un gruppo di ricerca dell’IRCCS Medea – La Nostra Famiglia di Conegliano (Tv), ottenuto il parere favorevole dall’Agenzia Italiana del Farmaco, darà il via ad una nuova terapia sperimentale con l’interferone gamma, un farmaco in grado di indurre la produzione della proteina mancante. L’obiettivo dell’équipe dei ricercatori del Medea è quello di verificare le potenzialità di questo farmaco, già utilizzato per la cura di malattie granulomatose infiammatorie.
Saranno 12 i pazienti che prossimamente assumeranno tutti i giorni per sei mesi, per via sottocutanea, un’alta concentrazione di questo medicinale. L’intera sperimentazione avrà una durata di 20 mesi.
Lo studio replica ed espande una esperienza pilota completata su alcuni casi presso l’Università di Roma dal gruppo del Prof. Testi, che collabora al presente progetto, e uno studio su bambini con atassia di Friedreich condotto negli Stati Uniti a dosi minori di farmaco, arricchendo però tali esperienze con una modalità di valutazione dell’efficacia del tutto originale ed innovativa. La capacità del farmaco di indurre la produzione della proteina mancante verrà infatti valutata principalmente utilizzando tecniche avanzate di Risonanza Magnetica cerebrale. Queste tecniche permettono, nella breve durata dello studio, maggiore sensibilità e precisione rispetto alle usuali misure cliniche.
A guidare lo studio clinico è Andrea Martinuzzi, neurologo, responsabile dell’Unità di Neuroriabilitazione del polo Veneto dell’IRCCS Medea di Conegliano e Pieve di Soligo: “Forse non è la cura risolutiva di questa malattia – precisa il neurologo – perché non è ancora conosciuto appieno il meccanismo che porta dalla assenza di fratassina ai danni rilevati nei diversi tessuti. Questo aspetto però non impedisce la ricerca di un trattamento che possa bloccare la malattia”.
Per questo genere di patologie, definite rare in quanto diffuse in una piccola parte della popolazione, i fondi sono per la maggior parte privati, provenienti dalle associazioni costituite dai malati e dalle loro famiglie. In particolare, la sperimentazione con interferone gamma è stata fortemente voluta dall’Associazione “Ogni giorno per Emma”.
Se il farmaco darà esito positivo, si dovrà assicurare l’interferone ai malati nei periodi successivi: “Bisognerà affrontare il problema autorizzativo – ricorda lo specialista – chiedendo all’azienda farmaceutica di spendersi per ampliare le indicazioni terapeutiche del farmaco, e quello di sostenibilità finanziaria interpellando Stato e Regione”.
Ai malati che non entreranno nello studio l’équipe diretta da Martinuzzi proporrà un approccio riabilitativo intensivo: “Ci auguriamo un aumento dell’efficienza motoria sottoponendo i malati a esercizi diversificati, individualizzati e specialmente disegnati per più ore al giorno, cinque giorni alla settimana per 3-5 settimane. Alcune esperienze pilota in Germania danno speranza in questo senso”.