Epatite C: diritto a guarire è ancora per pochi, e iniziano i viaggi della speranza
I malati lamentano scarse informazioni sulle nuove terapie e attese anche di sei mesi prima di accedervi. All’estero chi, non rientrando nei criteri di gravità individuati dall’Agenzia del farmaco, non può permettersi di acquistare i costosi farmaci.
Una persona su due che soffre di epatite C ha ancora scarse informazioni sulle nuove terapie innovative e più di un malato su quattro dice di essere escluso dai criteri di eleggibilità individuati dall’Agenzia italiana del farmaco e dalle delibere regionali per l’accesso ai nuovi farmaci. Chi invece accede alle nuove terapie ha atteso anche sei mesi prima di riceverle. In diverse Regioni, poi, non c’è un quadro chiaro sull’effettivo numero dei pazienti da trattare, su quelli che hanno coinfezioni (virus HIV e HCV) e sui trattamenti erogati in carcere; inoltre, restano disomogenei decisioni e accesso ai nuovi farmaci per chi si cura fuori dalla Regione di residenza.
Scarse informazioni
È quanto emerge dal Rapporto nazionale “Epatite, C siamo!” nell’ambito del programma nazionale per la tutela sociale e legale delle persone con epatite C, promosso da “Cittadinanzattiva-Tribunale per i diritti del malato” in collaborazione con associazioni dei malati e società scientifiche. In otto mesi, fra luglio 2015 e febbraio 2016, più di tremila cittadini si sono rivolti a Cittadinanzattiva attraverso il servizio di consulenza telefonico, email dedicata e sito web. Sono stati inoltre monitorati oltre cinquanta centri prescrittori delle nuove terapie e sono stati intervistati assessori e funzionari di 15 Regioni. Un malato su due, che si è rivolto al servizio di informazione, consulenza e tutela “Epatite, C siamo!”, lo ha fatto per segnalare soprattutto difficoltà di accesso alle terapie innovative: la metà di questi cittadini denuncia di non avere sufficienti informazioni sui nuovi farmaci; uno su tre ha chiesto delucidazioni sui criteri di accesso stabiliti dall’Aifa ritenuti troppo restrittivi e il 9,5% sui Centri prescrittori.
Fuori dall’Italia
«Molti malati, anziani e soli, non sanno come raggiungere i centri prescrittori – dice la coordinatrice del rapporto, Tiziana Nicoletti di Cittadinanzattiva – . Il 4,5% di coloro che hanno contattato il nostro sportello ha segnalato l’impossibilità di accedere ai farmaci a causa del loro elevato costo, non rientrando nei restrittivi criteri di eleggibilità al trattamento stabiliti da Aifa». C’è poi chi non rientrando tra i criteri di gravità individuati da Aifa ha deciso di usufruire della terapia acquistandola a proprie spese (circa 50mila euro il costo) e chi, non potendo permettersela, è andato all’estero, principalmente in India.
Differenze tra Regioni
A luglio 2015 tutte le Regioni hanno emanato delibere regionali per recepire le Determinazioni Aifa e hanno individuato i centri abilitati alla prescrizione dei farmaci innovativi. Il rapporto rileva una disomogenea ubicazione dei centri sul territorio: per fare un esempio, nel Lazio, nella provincia di Rieti, non vi è alcuna struttura abilitata alla prescrizione, costringendo i cittadini a percorrere tragitti di 160 chilometri tra andata e ritorno: oltre 2 ore se si fa il viaggio in auto, 4 ore se si va al centro col trasporto pubblico locale.
Liste di attesa
Le sezioni locali del Tribunale per i diritti del malato hanno condotto tra settembre e dicembre 2015 rilevazioni periodiche sull’accesso alle terapie innovative nei centri abilitati alla prescrizione. A novembre 2015 , dei 10 centri che hanno risposto, risultavano senza terapia 3770 persone, di cui 1401 in lista di attesa e 2369 respinte. A dicembre 2015 in 13 centri restavano ancora 462 persone senza terapia. Sono stati anche intervistati gli Assessorati regionali alla sanità per conoscere il numero di pazienti trattati, quelli con coinfezioni, quanti provengono da altre Regioni e quante sono le persone affette da epatite C trattate in carcere. In generale, emerge una carenza di informazioni delle Regioni sui numeri, anche perché il software non permette di registrare alcuni dati.
Superare le discriminazioni
«Il diritto a guarire è per pochi, ovvero quelli che sono ammalati abbastanza e che riescono a superare lo scoglio delle liste d’attesa anche di sei mesi, gli altri, invece, devono aspettare di peggiorare o, se possono permetterselo, andare all’estero correndo magari anche qualche rischio – commenta Tonino Aceti, coordinatore nazionale del Tribunale per i diritti del malato e responsabile del Coordinamento delle Associazioni dei Malati Cronici di Cittadinanzattiva – . Occorre superare le attuali disuguaglianze tra malati nell’accesso alle terapie, fornire loro informazioni chiare per garantire pari opportunità, eliminare le liste d’attesa. Per sostenere i costi elevati dei nuovi farmaci che eradicano il virus – suggerisce Aceti – va stimolata una maggiore concorrenza tra produttori in modo che vengano abbassati i prezzi, va rifinanziato il fondo per i farmaci innovativi – a partire dalla prossima legge di Stabilità – con risorse nuove e senza intaccare il Fondo Sanitario nazionale».