Morbo di Crohn: nei casi più gravi ottimi i risultati ottenuti con le cellule staminali
La malattia di Crohn è un’infiammazione cronica che può colpire qualunque tratto dell’apparato gastrointestinale, ma nel 90% dei casi interessa l’ultima parte dell’intestino tenue (ileo) e il colon. Si presenta prevalentemente in età giovanile (tra i 20 e i 25 anni) e dopo i 65 anni, ma non sono rari casi anche nei bambini e negli adolescenti. È caratterizzata da ulcere intestinali, spesso alternate a tratti di intestino sano, e, se non curata adeguatamente, può portare a complicanze che rendono necessario un intervento chirurgico. I sintomi possono variare dal dolore addominale alla diarrea cronica, alla perdita di peso o alla febbricola. Non è una malattia ereditaria, ma esiste una predisposizione familiare, oltre a numerosi fattori ambientali che possono favorirne l’insorgenza (come il fumo di sigaretta). Il disturbo è molto diffuso nei Paesi industrializzati, quasi assente in quelli in via di sviluppo. La malattia può essere curata con antinfiammatori, cortisonici, antibiotici, immunosoppressori (che inducono la morte della gran parte dei globuli bianchi responsabili dell’infiammazione) o nuovi farmaci biologici.
Cellule staminali mesenchimali
Nei casi più gravi le ulcere possono “bucare” l’intestino e a toccare gli organi circostanti formando delle fistole, anche a livello anale. Queste sono una delle più comuni complicanze per circa un terzo dei malati e spesso sono molto difficili da trattare. Uno studio europeo, di cui è primo autore Silvio Danese, responsabile del Centro per le malattie infiammatorie croniche intestinali dell’Ospedale Humanitas di Milano e docente di Humanitas University, ha dimostrato che per i malati con fistole perianali che non rispondono alle terapie, l’uso locale di cellule staminali mesenchimali ottenute da tessuto adiposo può essere un’efficace alternativa. Il lavoro è stato pubblicato su Lancet. Secondo gli autori, l’uso di tali cellule (Cx601) apre una strada efficace e innovativa per il trattamento delle fistole perianali nei malati di Crohn, che permette di evitare chirurgia, immunosoppressori sistemici, antibiotici e inibitori del fattore di necrosi tumorale. I risultati: nel 50% dei pazienti, dopo 24 settimane di terapia, le fistole erano chiuse.
Trattamento efficace e ben tollerato
Lo studio, effettuato in 49 ospedali tra Europa, Canada, Stati Uniti e Israele tra il 2012 e 2015, ha coinvolto 212 malati di Crohn con fistole perianali suddivisi in due gruppi, il primo (107 pazienti) trattato con cellule mesenchimali, il secondo (105 pazienti) trattato con placebo, in cui rispettivamente il 45% e il 31% presentavano più di una fistola perianale. A 24 settimane dall’iniezione di 120milioni di cellule Cx601, nel 50% dei pazienti del primo gruppo, rispetto al 34% del secondo, le fistole erano completamente cicatrizzate e il trattamento risultava ben tollerato. Causate dall’infiammazione dell’epitelio, il tessuto di rivestimento della parete dell’intestino, nel 70-80% dei casi le fistole perianali non rispondono ai trattamenti. Anche l’uso di cellule staminali emopoietiche, usate in alcune forme di leucemia, che si pensava potessero “resettare” il sistema immunitario e quindi interrompere il processo infiammatorio cronico alla base delle fistole e della malattia intestinale, non si è dimostrato promettente.
Modulano attività del sistema immunitario
«Abbiamo dimostrato che, nonostante vi sia un buon grado di risposta clinica in alcuni pazienti, i rischi della procedura con cellule staminali emopoietiche possono sovrastare i possibili benefici – spiega il professor Silvio Danese -. Più promettente sembra l’uso delle cellule mesenchimali da tessuto adiposo perché, oltre alla loro capacità di generare nuove linee di cellule di grasso, osso e cartilagine, rilasciano intorno a sé sostanze che sembrano capaci di modulare l’attività del sistema immunitario e quindi dell’infiammazione».
«In caso di fistole perianali è importante la bonifica locale effettuata dal chirurgo per rimuovere i focolai di infezione, ma poi il trattamento con i farmaci attualmente a disposizione risolve il disturbo solo in un terzo dei pazienti – aggiunge Antonino Spinelli, responsabile della Sezione di chirurgia del Colon e del retto dell’Ospedale Humanitas e docente di Humanitas University -. Il trattamento topico con staminali mesenchimali ha invece permesso di ottenere un beneficio che si è prolungato per un anno più che con il placebo».