Tumori del sangue: tre geni decidono il destino dei pazienti

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Tumori del sangue: tre geni decidono il destino dei pazienti

TP53, RUNX1 e ASXL1 sono tre geni che hanno un’importanza fondamentale per i sempre più numerosi malati con sindromi mielodisplastiche, un eterogeneo gruppo di patologie del sangue che interessano il midollo osseo che colpiscono prevalentemente gli anziani.   La scoperta, che ha un impatto rilevante sulla terapia prescritta ai pazienti, è appena stata pubblicata sulla rivista scientifica Journal of Clinical Oncology da un team di ricercatori italiani, il cui lavoro è stato da finanziato da AIRC, Fondazione Umberto Veronesi e Fondazione Cariplo. «Il trapianto di cellule staminali è ad oggi l’unica opportunità di cura per i pazienti – spiega Matteo Della Porta, direttore dell’Unità Leucemia al Cancer Center IRCCS Humanitas di Milano, fra gli autori dello studio -.

Tuttavia la procedura è gravata da un rischio di mortalità e di insuccesso e i parametri clinici tradizionali non sono in grado di predire in modo efficiente l’esito del trapianto nel singolo paziente».

Test del sangue con esiti in 48 ore

Negli ultimi anni la disponibilità di tecnologie avanzate per lo studio del genoma ha reso possibile lo studio dei meccanismi biologici di molte malattie del sangue. Il Gruppo Italiano Trapianti (GITMO) ha raccolto per oltre un decennio i dati relativi a 400 pazienti con sindrome mielodisplastica o leucemia mieloide acuta che hanno ricevuto un trapianto di cellule staminali e con l’applicazione di tecnologie all’avanguardia sono stati individuati i tre geni che, se alterati, sono invariabilmente associati a fallimento del trapianto.

Inoltre sono stati chiariti i meccanismi molecolari che determinano la ricomparsa della malattia a distanza di tempo dopo il trattamento. «Questo è il primo studio – dice Della Porta – che dimostra come l’analisi del genoma neoplastico, ottenuto dalle cellule del sangue, è in grado di predire il successo del trapianto nelle sindromi mielodisplastiche e nelle leucemie acute. Sulla base dei risultati dell’indagine, Humanitas University sta sviluppando un test innovativo che, a partire da poche gocce di sangue venoso, è in grado in 48 ore di dire se queste mutazioni sono presenti, consentendo ai medici di prendere decisioni cliniche sulla base di queste informazioni».

Come cambiano le decisioni terapeutiche

In pratica, il test consentirà da un lato di scegliere meglio i pazienti in cui il trapianto può avere beneficio e dall’altro di attuare strategie più efficaci per prevenire la recidiva di malattia nei pazienti ad alto rischio (cioè mutati con i geni TP53, RUNX1 e ASXL1 mutati). «Ora sappiamo che per i malati con queste mutazioni genetiche sfavorevoli – conclude l’esperto – servono strategie diverse. Potremo utilizzare nuovi farmaci, prima del trapianto, che ci consentano di preparare l’organismo in modo tale che il trapianto possa poi avere maggiori possibilità di successo. E potremo prescrivere cure ulteriori, post-trapianto, a chi sappiamo avere maggiori rischi di recidiva».

Fino a pochi anni fa giudicate incurabili, le sindromi mielodisplastiche, di cui si diagnosticano circa 2.500 nuovi casi ogni anno in Italia, hanno ora diverse possibili terapie in grado di prolungare la sopravvivenza dei malati e di migliorarne la qualità di vita. Ma sono patologie che devono essere correttamente inquadrate e curate ed è molto importante poter avere una diagnosi precoce e precisa, per poter impostare la terapia migliore.

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