Tumori della tiroide, sembra un’epidemia, ma è solo sovradiagnosi.

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Casi in crescita, ma una quota che varia tra il 50 e il 90% dei casi viene catalogata dagli esperti come «sovradiagnosi»: sono carcinomi piccoli, innocui, che non vanno curatiCasi in crescita, ma una quota che varia tra il 50 e il 90% dei casi viene catalogata dagli esperti come «sovradiagnosi»: sono carcinomi piccoli, innocui, che non vanno curati.tiroide
Non c’è un’epidemia di tumori della tiroide e il «boom» di casi che si registra da anni (i casi sono cresciuti di oltre il 200 per cento nell’ultimo ventennio) è un falso problema. Oltre la metà dei carcinomi tiroidei scoperti ogni anno nelle donne occidentali, infatti, non necessita di alcun trattamento. Sono, nella stragrande maggioranza dei casi, micro-tumori scarsamente aggressivi, tanto che una quantità compresa tra il 50 e il 90 per cento viene catalogata dagli esperti come «sovradiagnosi», o diagnosi in eccesso: si tratta cioè di neoplasie che hanno ben poche probabilità di creare problemi di salute alle interessate e ancor minore è l’eventualità che ne casino il decesso. A sottolineare il problema è un’indagine da poco pubblicata sul New England Journal of Medicine da ricercatori dell’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (Iarc) con sede a Lione e dell’Istituto Nazionale Tumori CRO di Aviano, in provincia di Pordenone.

Oltre 16mila nuovi casi diagnosticati ogni anno in Italia
Gli studiosi hanno usato nella loro recente analisi i dati dei registri tumori di 12 Paesi: Australia, Danimarca, Inghilterra, Finlandia, Francia, Italia, Giappone, Norvegia, Corea, Scozia, Svezia e Stati Uniti. «Paesi come Usa, Italia e Francia hanno tassi maggiori di sovradiagnosi dovuti all’introduzione e all’ampia diffusione, dagli anni Ottanta in poi, dell’ecografia – spiega Salvatore Vaccarella, autore principale dello studio -. E lo stesso è avvenuto recentemente nella Repubblica Coreana, dove il carcinoma tiroideo è diventato il cancro più frequente nel sesso femminile, ma nel 90 per cento dei casi identificati tra il 2003 e il 2007 si tratta di sovradiagnosi». La percentuale di «diagnosi eccessive» identificata nelle donne varia tra il 70-80 per cento di Australia, Francia, Italia e Usa al 50 per cento del Giappone e dei Paesi del nord Europa, fino al 90 della Corea. Stime simili riguardano gli uomini, fra i quali però il carcinoma tiroideo è molto meno frequente: degli oltre 16mila nuovi casi annui nel nostro Paese, poco più di 4mila riguardano i maschi e i restanti 12mila le femmine.
Aghi aspirati, biopsie e terapie solo a chi ne ha bisogno

In totale si stima che nei 12 Paesi, nell’ultimo ventennio, almeno 470mila donne e 90mila uomini abbiano ricevuto una diagnosi «inutile». L’aumento di carcinomi tiroidei è dovuto, sottolineano gli esperti, a più frequenti screening nella popolazione, all’ampio uso di ecografie, Tac e risonanze magnetiche eseguiti per altri scopi. In pratica, esami e controlli prescritti spesso per altre patologie (come l’ecocolordoppler per la valutazione dei vasi sanguigni sovra-aortici) hanno portato a scoprire un elevatissimo numero di carcinomi piccoli, indolenti, non letali, che sono peraltro assai comuni fra gli adulti, tanto che le stime più recenti rilevano la presenza di almeno un nodulo in una persona adulta su tre. «È fondamentale che alle diagnosi in eccesso non corrispondano altrettanti trattamenti superflui o persino nocivi, come l’asportazione totale della ghiandola tiroidea o cicli di radioterapia – sottolinea Silvia Franceschi, un’altra autrice dello studio -.

Aghi aspirati, biopsie e terapie vanno riservati soltanto a chi ne ha davvero bisogno», tenendo presente che la maggioranza dei noduli benigni e asintomatici tenuti sotto controllo per cinque anni si dimostra alla fine non pericolosa, le loro dimensioni non aumentano (semmai diminuiscono) e le diagnosi di cancro sono rare.

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