APPROCCI MULTIDISCIPLINARI NELLA GESTIONE DEL DIABETE:AUMENTO DELLA QUALITÁ DI VITA E MINOR IMPATTO SUL SISTEMA
A Palermo, in occasione del VIII Convegno nazionale della Fondazione dell’Associazione Medici Diabetologi (AMD), un simposio dedicato alla cura di questa malattia in un’ottica di scelte terapeutiche sostenibili
Palermo, 18 novembre 2016 – Il diabete, che nella sola Regione Sicilia colpisce circa il 6 per cento della popolazione (dati Istat), è una malattia dall’alto impatto socio-economico che determina un costo importante anche a livello del Sistema Sanitario Nazionale. Questo a causa dell’incidenza, in costante aumento, della sua natura cronica e delle frequenti complicanze che comporta.
Ricorrere a terapie e soluzioni efficaci, in grado di prevenire le ipoglicemie gravi, i problemi cardiovascolari correlati, come l’arteriopatia periferica, e gestire correttamente le patologie che vedono il diabete come un’importante comorbidità o conseguenza, quali l’obesità, è oggi un aspetto fondamentale che il mondo medico-scientifico si trova ad affrontare nella pratica clinica quotidiana.
A questi temi è dedicato il simposio “Il diabete una malattia ad alto impatto epidemiologico ed economico come valutare il carico della malattia a favore di scelte terapeutiche sostenibili” organizzato oggi a Palermo in occasione del VIII Convegno nazionale della Fondazione dell’Associazione Medici Diabetologi (AMD). Un momento di dibattito e confronto sul tema delle scelte terapeutiche e economiche nell’ottica di garantire una migliore prognosi per i pazienti in un momento di grande cambiamento del Sistema Sanitario anche, e soprattutto, in termini di sostenibilità dei costi della malattia.
«Il diabete è una malattia molto diffusa. La forma di tipo 1, ovvero quella un tempo definita insulino-dipendente, ha un forte impatto sulla qualità di vita e sul futuro di chi ne è colpito – commenta il dottor Giorgio Grassi della SCDU di Endocrinologia, Diabetologia e Metabolismo presso l’A.O. Città della Salute e della Scienza di Torino -. Tutto ciò che può proteggere dall’ipoglicemia o da altre complicanze come le retinopatie o le nefropatie, nel lungo periodo, riducendo i ricoveri per le emergenze acute, abbassa notevolmente l’impatto economico della malattia sul sistema. Per ottenere ciò, è necessario affidarsi alle nuove tecnologie. In altre parole, a tutti quei sistemi avanzati di terapia con microinfusori abbinati a sensori con algoritmi di automatismo, la prima apertura reale verso il pancreas artificiale. Si tratta di tecniche che non solo sostengono il paziente ma lo aiutano in tutti quei momenti in cui, indipendentemente dal suo grado di attenzione, prevengono autonomamente l’ipoglicemia».
Per quanto riguarda l’obesità, la Sicilia, insieme alla Campania, continua ad essere tra le regioni in testa in Italia come numero di persone sedentarie e obese, una grave condizione patologica e un’importante fattore di rischio per il diabete, le malattie cardiovascolari, le malattie muscolo scheletriche e i tumori. «Obesità e diabete sono due facce della stessa medaglia – continua Grassi – dove un approccio multidisciplinare del paziente ricopre un ruolo di primaria importanza per la loro gestione. È necessario, infatti, che l’impiego di tecnologie innovative sia abbinato ad una corretta sensibilizzazione e informazione dell’individuo verso accorgimenti preventivi; la strada vincente per una corretta gestione del diabete».
La Sicilia detiene anche il primato per numero di obesi in età pediatrica, ovvero dagli 8 ai 12 anni. «Questo è dovuto a un regime alimentare sbagliato, prevalentemente a base di carboidrati, legato da un lato alla storia della Regione stessa e dall’altro all’indice di disoccupazione elevato e al reddito pro-capite basso; elementi, questi, che portano le famiglie a ricorrere a una dieta carica di pane e pasta, piuttosto che di proteine nobili, sensibilmente più costose» – commenta il professor Luigi Piazza, Presidente della Società Italiana di Chirurgia dell’Obesità e delle malattie metaboliche (SICOB).
L’abbinamento tra diabete e obesità è stato messo in primo piano dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), con il nome di diabesity. Una condizione altamente pericolosa per la salute, che in casi estremi valuta la chirurgia bariatrica come unica soluzione all’eccesso ponderale e, di conseguenza, al controllo del diabete.
«Per il trattamento del paziente cronico, colpito da diabete di tipo 2 e obesità, oggi la miglior risposta terapeutica è senza dubbio la chirurgia – spiega ancora il professor Piazza -. Un approccio che porta al successo terapeutico nell’80% dei casi. In Sicilia, su circa 5milioni e mezzo di abitanti, 550mila sono obesi. L’attuale sistema non è in grado di gestirli tutti chirurgicamente, questo perché i centri accreditati e autorizzati per la bariatrica sono tre: Catania, Palermo e Messina. Qui, si riescono a smaltire circa 200-250 casi a struttura. Un problema a cui è necessario dare una risposta concreta e in tempi rapidi. Per farlo, sul modello della Regione Veneto, bisognerebbe istituire una rete di Centri Hub (principali) e Spoke (secondari); in altre parole, articolare la risposta a questa esigenza di salute pubblica su più strutture ospedaliere, validate dalla SICOB e connesse agli ospedali delle tre città principali. Naturalmente, la chirurgia ha un costo, tuttavia, se il paziente obeso e diabetico cronico venisse ospedalizzato e operato in tempi celeri, oltre che restituirgli una qualità di vita migliore, si abbatterebbero i costi. Va da sé che ciò deve avvenire in centri altamente qualificati, perché se l’intervento non ha buon esito, oltre alla prognosi più complessa per l’individuo, si assiste a un naturale innalzamento degli oneri di gestione della patologia».
Ai fini, poi, di limitare i danni per la salute e gli eccessivi costi per la sanità, risulta fondamentale tenere sotto controllo, con estrema precisione, gli sbalzi glicemici dovuti al diabete. Iper e ipo glicemie sono altrettanto dannose per l’evoluzione della malattia e delle patologie correlate. «Tecnologie come i microinfusori, sono ancora poco utilizzate in Italia al contrario di altri Paesi, soprattutto del Nord Europa – spiega ancora Grassi -. Anche se ci si sta muovendo per risolvere il problema, la percentuale di pazienti che potrebbe trarne vantaggio e che non può ancora accedervi resta alta. Si tratta principalmente di un problema organizzativo del Centro di diabetologia di riferimento, non tutti dispongono dei microinfusori e, non in ultimo, vi è l’aspetto economico unito alle normative assistenziali diverse da Regione a Regione. Il problema dei costi, però, non è reale se si pensa al lungo periodo, dove questi dispositivi risultano vincenti. Si tratta dell’unico metodo, infatti, in grado di prevenire completamente l’ipoglicemia e in un futuro prossimo saremo probabilmente in grado di fare lo stesso con l’iperglicemia».
Se si analizzano, invece, problemi come l’ipoglicemia o l’arteriopatia periferica in pazienti affetti da diabete mellito, che affligge, quest’ultima, 200 milioni di persone in tutto il mondo, è difficile comprende quale sia il loro reale impatto in termini sociali e di costi per il Sistema, non essendo disponibili dati nazionali certi sui flussi sanitari per queste complicanze. Numeri che, nel caso della Regione Lombardia, sono raccolti in una data-warehouse chiamata DENALI. Qui è possibile ripercorrere la storia sanitaria dei residenti ricostruita tramite le prestazioni ricevute. Un sistema virtuoso che dovrebbe essere applicato anche nel resto del Paese.
A parlarne oggi a Palermo, la dottoressa Roberta Ciampichini e il dottor Paolo Angelo Cortesi del Centro di Studio e Ricerca sulla Sanità Pubblica (CESP) dell’Università degli Studi Milano-Bicocca, che hanno condotto tre analisi su questi temi, per valutare l’impatto e i costi di ipoglicemia, arteriopatia periferica e obesità nel diabete. Nel caso dell’ipoglicemia, l’analisi riporta che nel periodo 2000-2010 tra i circa 34mila soggetti affetti da diabete di tipo 1 sono stati rintracciati 363 primi eventi di ipoglicemia grave e 958 primi eventi di chetoacidosi che hanno richiesto l’ospedalizzazione. Per l’arteriopatia periferica, invece, la dottoressa e il suo gruppo di lavoro hanno stabilito che nel periodo 2000-2010 tra le 566mila persone con diabete mellito in Lombardia circa 18mila sono state colpite da arteriopatia periferica.
Il terzo studio, infine, dedicato alla costo-efficacia della chirurgia bariatrica in Italia, ha mostrato che questo tipo di approccio (bypass gastrico, gastrectomia verticale parziale e bendaggio gastrico aggiustabile) garantisce un’efficacia maggiore e un costo medio inferiore rispetto alle terapie non chirurgiche. In dettaglio, comporta un guadagno per paziente di 3.2 QALY (Quality Adjusted Life Years), ovvero oltre tre anni di vita vissuta in condizioni di salute ottimale e una riduzione della spesa per paziente di 11.384 euro, risultando perciò l’opzione più efficace e meno costosa rispetto all’approccio non chirurgico. Questo, grazie al suo impatto sugli eventi cardiovascolari, il diabete e la mortalità associabili alla riduzione dell’indice di massa corporea. Anche considerando un orizzonte temporale più corto, pari a dieci anni, la chirurgia bariatrica è risultata l’opzione migliore dal punto di vista del rapporto costo-efficacia, sia per i pazienti sia per il Sistema.