Immunoterapia: l’AIFA espande l’uso di un farmaco immunoterapico ad altri tumori

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Si allarga la schiera di pazienti che potranno usare l’immunoterapia – approccio che mira a risvegliare il sistema immunitario per combattere le cellule cancerose – per trattare il loro tumore, anche in una fase più precoce. L’Agenzia italiana del farmaco (Aifa) ha infatti allargato l’uso del pembrolizumab ad altri quattro tipi di tumore: melanoma, polmone, linfoma di Hodgkin e uroteliale. A fare il punto oggi a Milano sono stati gli oncologi dell’Aiom (Associazione italiana di oncologia medica).

“Negli ultimi anni ci sono stati dei miglioramenti significativi nel trattamento dei tumori grazie anche all’immunoterapia, che presuppone un uso appropriato dei farmaci”, ha sottolineato Giordano Beretta, presidente Aiom. Un passo in avanti importante nella terapia lo permetterà la molecola immunoterapica pembrolizumab, già in uso per alcuni tumori (rene, testa-collo, esofago, stomaco e testa), e le cui indicazioni ora sono state allargate dall’Aifa, riconoscendone l’innovatività.

“Una delle nuove indicazioni vede l’uso di questo farmaco immunoterapico in combinazione con la chemioterapia per il tumore del polmone non a piccole cellule metastico”, spiega Marina Garassino, dell’Istituto nazionale dei tumori di Milano. “Gli studi hanno mostrato che questa associazione di farmaci raddoppia la sopravvivenza senza aumentare la tossicità della chemio – continua -. E’ importante impostare una strategia terapeutica con l’immunoterapia in prima linea, sia da sola che in combinazione”.

Pembrolizumab potrà essere usato anche per il tumore uroteliale (che interessa vescica e via escretrice), di cui in Italia nel 2019 si sono avute 31.600 diagnosi, e per il melanoma nel trattamento adiuvante (o precauzionale) del terzo stadio.

“L’immuno-oncologia ha già dato risultati importanti per questo tumore in fase metastatica, dove è lo standard di cura – aggiunge Mario Mandalà, dell’ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo – Il trattamento adiuvante aiuta a ridurre il rischio di recidiva e migliora la sopravvivenza, guarendo in modo definitivo un’alta percentuale di pazienti”. Per il linfoma di Hodgkin, sarà utile invece per quel 30% di pazienti che non risponde alle attuali terapie.