Medici Veterinari: “60% malattie infettive emergenti sono zoonosi, nostro ruolo è essenziale”
Roma – <<Il 2021 è un nuovo inizio non perché segna, come da auspicio universale, il progressivo superamento della pandemia da SARS CoV-2, ma perché chiama la società umana globale e i singoli individui ad un reset di identità, di ruolo, di scopo e di priorità. Siamo tutti chiamati a fare ordine>>. Lo ha detto, presentando il documento “Quattro parole per quattro anni” al Consiglio Nazionale della Federazione Nazionale degli Ordini Veterinari Italiani, il Presidente FNOVI, Gaetano Penocchio.
<<La FNOVI non si sottrae a questo impegno e incoraggia l’avvio di una riflessione generale sulla professione “ai tempi del Covid”, suggerendo un metodo: l’osservazione della Veterinaria attraverso la lente chiara della funzione ordinistica, per un rinnovato slancio identitario, di ruolo, di scopo e priorità. La nostra Legge di riferimento – ha proseguito – è la Legge 11 gennaio 2018, n. 3, che reca disposizioni per il riordino delle professioni sanitarie e che il 2 febbraio 2021 compie tre anni dalla sua entrata in vigore. Questa Legge contiene una sorta di formula di giuramento che le cariche direttive ordinistiche pronunciano idealmente davanti allo Stato e agli iscritti e che inizia proprio con una dichiarazione di identità: “Gli Ordini e le relative Federazioni nazionali sono enti pubblici non economici e agiscono quali organi sussidiari dello Stato al fine di tutelare gli interessi pubblici, garantiti dall’ordinamento, connessi all’esercizio professionale”.
L’eletto deve spogliarsi del proprio particolare e vestire i panni dell’interesse pubblico generale. Devono fare altrettanto, in quanto membri del medesimo corpo ordinistico, i singoli iscritti.
Qual è l’interesse generale? È l’interesse dello Stato e del Paese ad avvalersi di una professione medico-veterinaria esercitata “al fine di garantire la tutela della salute individuale e collettiva”>>.
<<Il nostro ruolo di Ordini e di Medici Veterinari è questo. Non possiamo quindi esimerci da una riflessione sulle forme in cui l’abbiamo esercitato durante la pandemia e su come dovremo continuare ad esercitarlo in futuro; dobbiamo riflettere su come abbiamo inciso sulla “salute individuale e collettiva”, scavando a fondo il principio “one health” oltre lo slogan di comodo. L’Organizzazione Mondiale della Sanità – ha aggiunto – ci avverte che il 60% delle malattie infettive emergenti sono zoonosi, che il 75% dei nuovi patogeni umani ha una origine animale, che le zoonosi emergenti sono “una crescente minaccia di salute pubblica” soprattutto nel Mediterraneo orientale. Cioè a un passo da noi.
La natura “essenziale” e “indifferibile” delle attività veterinarie ha visto lo Stato assegnare alla nostra professione, con grande coerenza giuridica, la posizione che le appartiene. Tuttavia, occorre una presa d’atto più consapevole e trasformativa di questa “essenzialità”, duratura post-emergenza e post Dpcm. Affermare che siamo una professione “essenziale” non può esaurirsi in un compiaciuto auto- apprezzamento, non è nemmeno una gentil concessione e certamente non corrisponde ad status di diritto. Essere “essenziali” è una responsabilità permanente e attiva di fronte al Paese>>.