Aggiornamento Piano di Vaccinazione anti-Covid: priorità ai malati in dialisi e ai trapiantati

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  • Oltre un terzo dei dializzati che si sono infettati è deceduto. Una survey condotta dalla SIN ha dimostrato che a essere a maggior rischio sono i pazienti in dialisi extracorporea cronica: in questa popolazione la mortalità è addirittura circa 10 volte superiore a quella osservata nella popolazione generale  
  • La Società Italiana di Nefrologia ha lanciato un appello perché questi pazienti vengano vaccinati il prima possibile. 
  • Le ultime notizie relative al nuovo aggiornamento del piano di vaccinazione anti-Covid sembrano accogliere positivamente le richieste di SIN: le persone con insufficienza renale e i trapiantati rientrerebbero nella fase 2 tra i gruppi dei soggetti particolarmente fragili e per questo a rischio più elevato di malattia grave o di decesso da COVID-19. 
  • L’inserimento dei soggetti dializzati nei programmi di priorità vaccinale permetterà alla SIN di avviare uno studio di coorte che monitorerà lo stato di salute dei pazienti nefrologici che riceveranno i vaccini anti-Covid

Milano, 8 febbraio 2021 – I malati nefrologici in dialisi hanno pagato un tributo molto alto alla pandemia da Sars-Cov-2. E per questo la Società Italiana di Nefrologia ha lanciato un appello alle autorità affinché questi pazienti vengano inseriti con urgenza tra i soggetti cui verranno prioritariamente somministrate le prime dosi di vaccino. L’appello è contenuto nella lettera inviata al Ministero della Salute, all’AIFA, al Comitato tecnico scientifico e al commissario straordinario per l’emergenza.

Apprendiamo con favore le notizie di questi giorni a seguito dell’incontro tra Governo, Regioni e Commissario per l’emergenza, per aggiornare il piano che regola la campagna vaccinale contro il coronavirus. Le nostre richieste sembrano infatti concretizzarsi: il nuovo assetto del piano ridefinirebbe le categorie dei soggetti a cui va garantita la prioritaria messa in sicurezza e includerebbe i pazienti con insufficienza renale e i pazienti trapiantati nei gruppi sociodemografici estremamente vulnerabili, la cui patologia incrementa il rischio di malattia grave o morte da COVID-19 – dichiara Piergiorgio Messa, Presidente SIN – Se confermata, questa notizia non potrebbe che renderci soddisfatti, ribadendo la necessità che questa popolazione, particolarmente fragile, sia non solo protetta il prima possibile, ma anche seguita nel tempo, per monitorare le condizioni cliniche e la risposta immunologica che seguiranno alla vaccinazione”.

La Malattia Renale Cronica (MRC) è una delle malattie croniche più diffuse: in Italia i pazienti al terzo stadio o a uno stadio più grave sono quasi 4,5 milioni e i pazienti in dialisi circa 50.000. Gli effetti dell’epidemia su questi malati sono stati particolarmente gravosi: come ha dimostrato una survey condotta dalla SIN, fra i dializzati si è registrata una mortalità 10 volte superiore a quella a oggi stimata nella popolazione generale durante la seconda fase della pandemia (26% vs 2,4%).

L’elevata frequenza con cui i pazienti in dialisi si devono recare in ospedale, dalle 2 alle 3 volte a settimana, aumenta la probabilità di contagio – spiega il Presidente SIN -. E infatti tra i pazienti in dialisi cronica si è registrata una altissima frequenza di contagio da Sars-Cov-19, e purtroppo anche una contemporanea e drammatica impennata del tasso di letalità, pari a oltre un terzo degli infettati”. 

Il maggior rischio di contagio è associato alle frequenti visite ai centri di dialisi che comportano continui spostamenti, al contatto prolungato (4-5 ore) con altri pazienti in ambienti comuni in attesa e durante il trattamento dialitico per i pazienti in emodialisi: questo spiega la più alta incidenza di infezioni nei pazienti in dialisi ospedaliera rispetto a quelli che seguono dialisi domiciliare (dialisi peritoneale). In ogni caso, tutti i pazienti in dialisi, sia effettuata nei centri dialisi che a domicilio, quando infettati, hanno mostrato una mortalità molto elevata, a causa anche dell’elevato numero di patologie associate (cardiovascolari, metaboliche, neoplastiche, etc) che ne aumentano la fragilità. Inoltre “I pazienti dializzati sono caratterizzati da una ridotta risposta immunitaria che, oltre a contribuire ad una maggiore suscettibilità a contrarre l’infezione, potrebbe essere associata a una ridotta efficacia della vaccinazione anti COVID-19”, sottolinea Messa.

La SIN, in collaborazione con l’Istituto Superiore di Sanità, ha progettato uno studio di coorte nei pazienti dializzati in Italia,  indirizzato a valutare l’efficacia clinica (protezione dall’infezione) e la sicurezza dei diversi vaccini utilizzati, misurando anche la risposta immunologica di questi pazienti alle dosi standard di vaccino, potendo acquisire evidenze ancora non in possesso della comunità scientifica che permetteranno di definire protocolli vaccinali specifici e omogenei in questa particolare categoria di pazienti fragili.

Le informazioni ricavate da questo studio avranno inoltre ricadute di conoscenza sulla efficacia vaccinale che potranno essere utili anche per la popolazione generale e in particolare per tutte le altre categorie di pazienti fragili.